Il fentanyl, il cui abuso porta a dipendenza, è un potente analgesico narcotico circa 80 volte più efficace della morfina e viene utilizzato sia nell’uomo sia nella medicina veterinaria.

Il gran numero di decessi avvenuti negli ultimi anni legati all’uso fuori misura di fentanyl, ha generato preoccupazione in molti Paesi per i rischi dati dal farmaco.

Negli Stati Uniti, in particolare, si sta abbattendo una vera e propria crisi sanitaria che sta mettendo in ginocchio il Paese.

Infatti, si regista una condizione talmente grave che l’aspettativa media di vita è scesa a 76,4 anni, la più bassa degli ultimi venticinque anni.

107mila è il numero di morti legate all’uso di oppioidi nel 2021 e nei due terzi dei decessi incide pesantemente l’azione del fentanyl.

Il dato più allarmante riguarda l’aumento del 150 percento circa, tra il 2018 e il 2021, delle morti di ragazzi di età compresa tra i quindici e i diciannove anni principalmente perché ignoravano la natura di ciò che stavano assumendo. 

Tutto quello che c’è da sapere sul fentanyl

I Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie degli Stati Uniti ha constatato che le morti per uso di fentanyl hanno superato i suicidi e l’overdose da ossicodone come causa principale di decesso per gli individui sotto i 45 anni.

Nel 2016, sempre negli Stati Uniti, il fentanyl e i suoi derivati hanno fatto impennare il numero dei decessi per overdose; le statistiche effettuate in dieci stati americani rilevano che il 52,3% dei casi di overdose sono associati all’uso di oppioidi sintetici, e stimano un numero di morti pari a circa 60mila, ma questi dati sono destinati a crescere.

Quali sono gli effetti del fentanyl

Gli effetti del fentanyl colpiscono principalmente il Sistema Nervoso Centrale e se viene assunto insieme ad eroina, cocaina, alcol o altre sostanze in grado di deprimere il Sistema Nervoso Centrale (SNC), come le benzodiazepine, possono manifestarsi effetti ancora maggiori.

Sonnolenza ed euforia sono gli effetti più ricercati dal fentanyl anche se rispetto a morfina ed eroina l’effetto euforizzante è meno pronunciato.

Il Dipartimento per le politiche antidroga specifica che tra le più comuni controindicazioni in cui ci si può imbattere sono comprese difficoltà respiratorie, morte improvvisa per arresto cardiaco, gravi shock anafilattici, nausea, vertigini, emesi, fatica, cefalea, costipazione, anemia ed edemi periferici.

Dopo un uso ripetuto di fentanyl, si sviluppano velocemente tolleranza e dipendenza. Quando ne viene interrotta l’assunzione, si manifestano i sintomi caratteristici dell’astinenza, quali sudorazione, ansia, diarrea, dolori ossei, crampi addominali, brividi e pelle d’oca.

Come si presenta il Fentanyl

L’uso di fentanyl come anestetico generale risale agli anni Sessanta. Dagli anni Novanta viene impiegato nella terapia del dolore, soprattutto neoplastico, sotto forma di cerotti, lecca-lecca e spray sublinguale, al fine di evitare quanto più possibile il sovradosaggio.

Nello stesso decennio si è imposto come prodotto di punta nel mercato nero.

Attualmente, se acquistato avvalendosi della normale ricetta farmaceutica si trova in forma iniettabile, come cerotti transdermici o ancora come pasticche.

Il fentanyl acquisito in maniera illecita, inoltre, può presentarsi come polvere di colore giallo, conosciuta con il nome “Persiano Bianco”, e a volte come “trip di carta” (sottili pezzi di cartoncino impregnati di fentanyl).

La polvere di fentanyl e il contenuto dei cerotti vengono anche fumati o assunti per via intranasale (sniffati).

In Italia, almeno legalmente, non è possibile acquistare fentanyl e derivati poiché rientrano nella categoria delle sostanze stupefacenti e sono quindi bandite dal mercato.

Nonostante ciò, oltre al comune uso di eroina, l'abuso di antidolorifici (morfina, ossicodone, idrocodone, fentanyl) sta crescendo in maniera preoccupante nel resto del mondo, principalmente perché queste sostanze vengono largamente somministrate in ambito medico per la terapia dei dolori cronici a dispetto dei gravi rischi per la salute dei pazienti.

I pazienti che soffrono di tale condizione hanno bisogno di assumere questi farmaci per un periodo prolungato di tempo, quindi, non sarebbe corretto etichettarli come tossicomani, sebbene siano spesso soggetti al rischio di sviluppare una grave dipendenza fisica.

Gli eroinomani assumono il fentanyl via endovenosa al fine di ottenere in meno di 30 secondi un effetto particolarmente potente con l’elevata probabilità di indurre il flash (violenta sensazione di piacere provocata dall’iniezione di una sostanza psicoattiva).

La facilità del fentanyl di penetrare tramite l’epidermide ha causato molti incidenti anche fra i poliziotti americani, impegnati in operazioni di sequestro all’interno di alcuni depositi, che avevano maneggiato partite senza utilizzare guanti o perché ne avevano inalato una minima quantità.

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Dove si produce il fentanyl

La Cina e il Messico sono i Paesi in cui vengono prodotte sia legalmente sia illegalmente le maggiori quantità di fentanyl e dei suoi derivati.

Nonostante molti governi abbiano messo al bando tali farmaci, esistono molti laboratori clandestini in giro per il mondo che sintetizzano il fentanyl.

È importante sapere che i laboratori finora scoperti e sequestrati sul suolo americano non si occupano della sintesi, data la complessità di tale processo, ma solamente della diluizione e del confezionamento del farmaco.

La sintesi del fentanyl è estremamente articolata e necessita di esperienza, attrezzatura specializzata difficilmente reperibile e specifiche competenze in ambito chimico.

Per quello che riguarda l’Europa l’unico laboratorio al momento sequestrato si trova in Slovacchia. Vista l’ondata di morti e il preoccupante crescendo dei numeri di soggetti dipendenti da questo farmaco in tutto il mondo, molti Paesi europei, compresa l’Italia, stanno indagando su come il fenomeno si stia sviluppando e quale sia l’entità del rischio corso dalla popolazione occidentale

Quali sono i sintomi da dipendenza da oppioidi

Il principale elemento che caratterizza la dipendenza da uso di oppiacei è l’autosomministrazione compulsiva a lungo termine a scopo non medico.

Nella quinta edizione del Manuale dei Disturbi Mentali si considerano disturbo da uso di oppioidi tutti i casi in cui è presente una compromissione clinicamente significativa o un disagio che si manifesta con la presenza di almeno 2 dei seguenti fattori nel corso di 12 mesi:

  • Assumere oppioidi in grandi quantità o per un tempo più lungo del previsto;
  • Desiderare in modo persistente o tentare senza successo di diminuire il consumo di oppioidi;
  • Passare una grande quantità di tempo procurandosi, facendo uso o riprendendosi dall'assunzione di oppioidi;
  • Desiderare gli oppioidi;
  • Fallire ripetutamente nel portare a termine gli obblighi di lavoro, casa o scuola a causa degli oppioidi;
  • Continuare l'assunzione di oppioidi pur avendo problemi sociali o interpersonali;
  • Rinunciare ad importanti attività sociali, di lavoro o ricreative a causa degli oppioidi;
  • Usare oppioidi in situazioni fisicamente pericolose;
  • Continuare l'assunzione di oppioidi nonostante si abbiano disturbi fisici o mentali causati o peggiorati dagli oppioidi;
  • Presentare tolleranza agli oppioidi (non è un criterio quando l'uso è medicalmente appropriato);
  • Presentare sintomi di astinenza da oppioidi o assumerne a causa dell'astinenza.

Come avviene il trattamento da dipendenza dal fentanyl

Generalmente, per trattare efficacemente la dipendenza da fentanyl si attua un approccio integrato e personalizzato sul comportamento di dipendenza e sui possibili disturbi mentali che lo accompagnano, utilizzando anche tecniche di prevenzione della ricaduta in cui è particolarmente efficace il ruolo dello psicologo e psicoterapeuta (tecniche mindfulness-based, danzaterapia, farmacoterapia anticraving) e interventi per la cura del trauma (EMDR, psicoterapia di gruppo, psicoterapie corporee); nel percorso di recupero vengono inclusi anche pratiche legate al benessere e alla cura dell’individuo (yoga, mindfullness, danzaterapia, musicoterapia).

Il trauma nel paziente può essere generato da una storia familiare fatta di dipendenza, relazioni violente, maltrattamenti, lutti non elaborati e situazioni di vita estremamente stressanti che spingono il paziente ad automedicarsi tramite l’uso di analgesici; è compito del terapeuta guidare il paziente attraverso un processo di trasformazione delle proprie dinamiche emotive e comportamentali, di ristrutturazione del vissuto traumatico acquisendo, al contempo, una serie di capacità che gli permetteranno di avere un ventaglio di strategie differenti per affrontare lo stress e il dolore fisico ed emotivo.

Nel caso in cui si dovesse ricorrere ad un approccio comunitario di tipo residenziale il paziente potrà trarre vantaggio dalla qualità dell’ambiente fisico ed emotivo. Quest’ultimo dovrà essere accogliente, stimolante, rilassante, piacevole e resiliente.

Se si riesce a costruire un’alleanza terapeutica sufficientemente solida, il percorso di guarigione diventa più agevole e l’elaborazione dei traumi passati del paziente risulterà più semplice.

Invece, nel caso in cui la dipendenza colpisca un soggetto che inizia a usare oppiacei per dolori cronici, l’obiettivo principale è quello della gestione del dolore in maniera non farmacologica, valutando anche la possibilità che in certe situazioni cliniche il dolore cronico possa essere una condizione medica dovuta non necessariamente ad una patologia o a qualche tipo di infortunio, ma la cui causa potrebbe essere attribuibile alla somatizzazione di uno stato psichico condizionato da uno o più traumi.

Sitografia

https://www.politicheantidroga.gov.it/media/1288/38_fentanili.pdf

https://www.sipad.network/usa-crisi-sanitaria-causata-dalle-overdose-da-fentanyl/

https://antidroga.interno.gov.it/schede/fentanyl/

https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/argomenti-speciali/droghe-illecite-e-tossici/disturbi-da-uso-di-oppiacei-e-riabilitazione

Bibliografia

Lerman J. – Cotè C. J. – Steward D. J. (2021), Manuale di Anestesia Pediatrica, Antonio Deflino Editore, Roma. 

Lugoboni F. – Zamboni L. (2015), Analgesici oppioidi. Uso, Abuso e addiction. Diagnosi e trattamento di un fenomeno sommerso, Edizioni Clad-Onlus, Verona.

Semenzato M. – Sgualdini E. – Lugoboni F. – Cibin M. – Hinenthal I. –Schmidt R. (2020), Dipendenza da analgesici e trattamento residenziale post-traumatico. Il caso di Anna in «Ricerca e innovazione in comunità terapeutica», 38, pp. 43 - 50.