Ti è mai capitato di chiudere una relazione con la sensazione di non riuscire più a fidarti? Di percepire il cuore come un campo minato, in cui ogni passo potrebbe risvegliare vecchi dolori? Se dopo una delusione sentimentale ti sei ritrovato a costruire muri, anziché ponti, potresti star sperimentando quella che in psicologia viene definita “paura dell’attaccamento”.

In questo articolo esploreremo perché la fine di una relazione può lasciare ferite profonde e quali sono le strategie, validate dalla ricerca, per tornare ad amare senza dimenticare sé stessi.

Il trauma relazionale: quando l’amore lascia un’impronta

Amare significa in un certo qual modo, esporsi.

Mettersi a nudo di fronte l’altro, entrare in contatto con le proprie e le altrui profondità, lasciare entrare qualcuno nelle nostre vulnerabilità più intime. Per questo una rottura, un tradimento o l’abbandono possono essere vissuti come un trauma emotivo, paragonabile quasi al vissuto di un lutto.

 La psicologa Jennifer Freyd (1996) ha pertanto coniato il termine trauma relazionale o Betrayal Trauma, per descrivere quelle esperienze in cui la fiducia viene infranta da chi avrebbe dovuto proteggerci, cercando così di dare voce a quell’immenso dolore che una rottura comporta.

Il concetto di Betrayal Trauma si colloca all’interno del più ampio ambito della teoria del trauma e si riferisce in particolare alle ferite psicologiche causate da abusi inflitti da persone o istituzioni da cui ci si aspetta protezione, cura e sostegno. Questo è il caso, ad esempio, degli abusi fisici, emotivi o sessuali commessi da figure di riferimento come i caregiver (Freyd J., 2008).

Secondo la ricerca di Naomi Eisenberger e colleghi (2003), il dolore affettivo attiva le stesse aree cerebrali coinvolte nel dolore fisico. Non sorprende, quindi, che dopo una delusione, si attivino meccanismi difensivi come la chiusura emotiva o l’evitamento.

Il paradosso della protezione: evitare il dolore, ma anche la felicità

Per difendersi dalla sofferenza, in seguito ad una rottura, molte persone iniziano ad evitare nuove relazioni o si rifugiano in legami superficiali. Ma se da un lato ciò può offrire un senso momentaneo di controllo, dall’altro può impedire di sperimentare la pienezza di un legame autentico.

È importante però comprendere che non possiamo anestetizzare in maniera selettiva le emozioni: se ci chiudiamo al dolore, ci chiudiamo di conseguenza anche alla gioia, all’amore e alla connessione.

I modelli di attaccamento descritti da Bowlby (1980) e approfonditi da Mary Ainsworth, aiutano a comprendere queste dinamiche. Chi ha vissuto esperienze di abbandono o tradimento può sviluppare uno stile evitante (paura dell’intimità) o ansioso (timore dell’abbandono), entrambi caratterizzati da difficoltà a fidarsi e lasciarsi andare.

Hai paura di soffrire ancora se ti lasci andare?

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Ricominciare ad amare: un atto di consapevolezza

Tornare ad aprirsi all'amore, dopo aver vissuto esperienze dolorose, non significa cancellare ciò che è stato, ma piuttosto integrarlo in un percorso di crescita personale e di maggiore consapevolezza.

Rappresenta un cammino profondo e graduale che implica una serie di tappe fondamentali, come:

  • Auto-riflessione: imparare a riconoscere le proprie ferite emotive, senza giudicarle o reprimerle, ma accogliendole come parte della propria storia.
  • Accettazione: comprendere che essere vulnerabili non è una debolezza, bensì un tratto autentico dell’essere umano, che ci consente di connetterci con gli altri in modo reale.
  • Pazienza: concedersi il tempo necessario per guarire. Il cuore non segue logiche razionali, e ogni passo verso l'apertura emotiva richiede rispetto per i propri ritmi.
  • Supporto psicologico: il sostegno di un professionista può rivelarsi fondamentale nel processo di elaborazione del trauma relazionale.
  •  Gli interventi terapeutici si sono dimostrati efficaci nell’aiutare le persone a ricostruire un senso di fiducia e sicurezza affettiva.

Segnali da non ignorare

Se ti riconosci in questi comportamenti, potresti avere una paura d’amare non elaborata:

  • Evitamento dell’intimità o paura di essere ferito, inclusa la paura di fallire
  • Difficoltà a fidarti, anche quando non ci sono segnali concreti di pericolo
  • Pensieri ricorrenti tipo “tutti mi lasciano”, “non ne vale la pena”
  • Sensazione di autosabotaggio quando una relazione si fa seria

Questi segnali non sono una colpa, ma un linguaggio del sistema nervoso che cerca protezione. Comprenderli è il primo passo per guarire.

Amare con confini sani: l’equilibrio tra apertura e protezione

Amare non significa perdere sé stessi. È possibile costruire relazioni sane dove:

  • L’autostima non dipende dall’altro
  • Si comunicano bisogni e limiti con rispetto
  • Si sceglie consapevolmente chi ci fa stare bene
  • La solitudine non è temuta, ma vissuta come spazio rigenerante

Come sottolinea Sue Johnson (2008), l’amore adulto è un legame sicuro in cui possiamo essere vulnerabili senza paura.

La rinascita affettiva è possibile

Tornare ad amare è un atto di coraggio e di speranza. Significa permettersi di vivere, senza anestetizzare le emozioni, restando nel momento presente, in quello che in psicologia viene chiamato “Qui ed ora”, senza vivere nel passato, dandosi pertanto, ancora una volta, la possibilità dell’incontro, senza dimenticare sé stessi. L’amore può ferire, sì, ma può anche curare. E quando è sano, nutre, protegge e fa fiorire.

La psicoterapia può aiutarti a tornare a fidarti

Se ti riconosci nella difficoltà ad entrare in relazione, nella tendenza ad evitare l’intimità o nella paura persistente di essere ferito, è importante sapere che queste dinamiche non sono segno di debolezza, ma spesso rappresentano esiti adattivi a esperienze relazionali precoci disfunzionali o traumatiche.

Le strategie di chiusura emotiva o evitamento affettivo possono essersi sviluppate come forme di protezione, utili in un determinato contesto, ma che nel tempo possono limitare la possibilità di costruire legami autentici e sicuri.

Intraprendere un percorso psicoterapeutico non equivale a "non farcela da soli", ma costituisce un atto di responsabilità verso sé stessi e verso il proprio benessere relazionale ed emotivo. All’interno della relazione terapeutica è possibile:

  • Elaborare le esperienze relazionali pregresse, integrandole in una narrazione più coerente e meno carica di minaccia.
  • Riconoscere e modulare le risposte ansiogene legate al contatto emotivo, alla vicinanza o alla dipendenza affettiva.
  • Sviluppare nuove modalità di relazione basate sulla sicurezza, sull’autenticità e sulla regolazione affettiva.

Investire nella cura di sé e delle proprie ferite relazionali rappresenta il primo passo per ridefinire la possibilità di amare e lasciarsi amare, in modo più consapevole e libero.

Non è la mancanza d’amore a bloccarci, ma la paura di soffrire ancora: affrontarla è il primo passo per ricominciare.

Superare la paura di amare è possibile, anche grazie al supporto psicologico: online o in presenza, scegli tu come ricominciare.