Ti senti sempre obbligato ad aiutare tutti sul lavoro? Scopri cause, segnali e strategie per gestire la disponibilità eccessiva senza sensi di colpa.

Quante volte, sul lavoro, ti sei sentito sopraffatto, come se da te ci si aspettasse sempre un aiuto immediato? E quante volte hai detto “sì” anche quando la stanchezza era tanta e non avevi tempo nemmeno per le tue priorità? Essere disponibili è una qualità, ma quando diventa troppa, può trasformarsi in un peso che ha delle conseguenze sul benessere psico-fisico.

In questo articolo parleremo di confini personali, di quel lento esaurimento emotivo chiamato burnout e dei piccoli segnali che ci dicono quando aiutare troppo gli altri smette di essere un dono e diventa un problema. L’idea è quella di accompagnarti nella comprensione del perché ciò accade, offrendoti alcuni strumenti utili per prenderti cura di te, senza sensi di colpa.

Cosa significa essere troppo disponibili sul lavoro? La differenza tra collaborazione e annullamento

Essere disponibili è spesso considerato un valore sul posto di lavoro. Ma cosa accade quando questa disponibilità supera i limiti? Succede quando ti trovi a svolgere compiti che non ti competono solo per non deludere colleghi e superiori. O quando rinunci alla pausa pranzo o finisci per restare oltre l'orario senza che nessuno te lo abbia chiesto esplicitamente. Vediamo un esempio:

"Ogni giorno, Laura si ritrova a correggere anche le relazioni dei colleghi più lenti. All'inizio lo faceva volentieri, ora inizia a sentirsi sfruttata."

Un comportamento come quello di Laura può essere un segnale di disponibilità eccessiva. È come se Laura aiutasse gli altri per una sorta di obbligo implicito. Questo comportamento può affondare le radici in un bisogno di approvazione legato a bassa autostima. Per collaborazione s’intende lo scambio reciproco, sano, dove ciascuno offre il proprio contributo rispettando i propri limiti. L'annullamento, invece, si verifica quando l'altro viene prima di tutto, anche del proprio benessere. Come in queste situazioni, ad esempio:

Collaborazione: "Ti aiuto a finire quel report, ma dopo le 16 devo assolutamente andare via."
Annullamento: "Sono in ritardo per un appuntamento, ma non preoccuparti, faccio io quel lavoro per domani."

Ti senti spesso svuotato, come se non ci fosse più spazio per te?

Quando dire “sì” agli altri significa dire “no” a te stesso, è il momento di fermarti. Un confronto professionale può aiutarti a ritrovare equilibrio ed energia.

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I segnali di allarme dell’eccessiva disponibilità

Occorre tenere presente che aiutare troppo gli altri può diventare la tua unica identità, con il rischio di smarrire te stesso e il tuo valore personale. Vediamo quali sono alcuni dei segnali che è necessario ascoltare per non correre questo pericolo.

  • Stanchezza cronica e svuotamento emotivo:
    Ci sono dei sintomi, tipici del burnout e dello svuotamento emotivo che, spesso, sono legati alla disponibilità eccessiva: se ti senti sempre stanco, anche dopo un fine settimana di riposo; se hai difficoltà a prendere sonno, oppure ti svegli più volte durante la notte; se hai la sensazione di non avere più energie nemmeno per attività piacevoli. Approfondisci i segnali di perdita di motivazione sul lavoro e come gestirli.
  • Risentimento e irritabilità verso colleghi: 
    Se provi una sensazione di fastidio appena una persona ti chiede aiuto, oppure, di irritazione per richieste che prima accettavi volentieri; se senti di non essere più apprezzato dal tuo gruppo di lavoro, anzi, percepisci un senso di sfruttamento, è molto probabile che queste reazioni siano il modo in cui il tuo corpo ti comunica di aver superato il limite.
  • Perdita di concentrazione, motivazione e senso di sé: 
    Il tuo livello di concentrazione è notevolmente diminuito, non riesci a portare a termine il tuo lavoro perché la mente si distrae e rimugina continuamente. Allora ti domandi che senso ha ciò che stai facendo e qual è il tuo ruolo, oltre a quello della persona che si prende carico di tutto.

Se sei interessato ad approfondire questi argomenti, ti suggerisco di leggere questo articolo: Coping in ambito lavorativo: strategie efficaci per gestire lo stress e prevenire il burnout.

Le radici psicologiche della disponibilità eccessiva

Esistono dei fattori psicologici che entrano in gioco - e di cui a volte siamo poco consapevoli - che ci impediscono di essere assertivi, di dichiarare le nostre reali necessità o di far rispettare i nostri diritti, come quello di dire “no”. Allenare l’intelligenza emotiva è un primo passo per rafforzare l’assertività. Vediamo, allora, cosa c’è dietro la nostra eccessiva disponibilità:

  • Bisogno di approvazione: 
    Tendiamo a dire sempre "sì" per sentirci apprezzati, perché abbiamo il timore di deludere o di essere giudicati come poco collaborativi. Questi atteggiamenti alimentano il nostro bisogno di approvazione. L’American Psychological Association descrive come il bisogno di approvazione e la paura del conflitto possano alimentare meccanismi di stress cronico.
  • Paura del rifiuto e del conflitto: 
    Dire "no" può comportare il rischio di scontentare qualcuno. Allora, per evitare tensioni, preferiamo essere compiacenti, rinunciando alle nostre reali necessità per paura del conflitto.
  • Senso di colpa e identità da “brava persona”: 
    Occorre tenere presente che essere una brava persona non significa sacrificarsi continuamente. Purtroppo, questo è un atteggiamento tipico di chi mette sempre il desiderio altrui davanti al proprio, per non provare un senso di colpa insostenibile. Ma con un giusto sostegno, anche questo comportamento appreso si può cambiare. 

Confini e responsabilità verso sé stessi

Mettere dei confini non significa essere egoisti, ma riconoscere il proprio valore e proteggere il proprio benessere. Imparare a dire "no" con gentilezza e fermezza è un atto di responsabilità verso noi stessi, che ci permette di preservare le energie, di dare spazio ai nostri bisogni e di costruire relazioni più sane, basate sul rispetto reciproco. È fondamentale sottolineare che quando comunichiamo chiaramente i nostri limiti, insegniamo agli altri come desideriamo essere trattati.

Un modo per farlo è quello di utilizzare la comunicazione assertiva, che si colloca tra due estremi: da un lato, la passività, in cui si tace per paura del giudizio o del conflitto; dall’altro, l’aggressività, che impone i propri bisogni ignorando quelli degli altri. Essere assertivi significa, invece, esprimere i propri pensieri, sentimenti e necessità in modo chiaro, con rispetto, ma in maniera diretta, riconoscendo così pari dignità a sé stessi e all’altro. Non si tratta di convincere o di vincere, ma di usare le parole che affermano il proprio punto di vista senza sminuire quello altrui.

Se leggendo questo articolo hai sentito che questa situazione ti riguarda, sappi che la disponibilità eccessiva può essere anche un tentativo di sentirsi utili, di dare un senso al proprio lavoro e alla propria vita. Occorre, però, comprendere quali sono i limiti oltre i quali non possiamo andare per non incorrere in condizioni di disagio psico-fisico.

Se pensi che per te è il momento giusto per chiedere l’aiuto di un esperto, il gruppo di psicologodibase.it offre consulenze online personalizzate  per sviluppare insieme le strategie giuste per affrontare e risolvere il tuo specifico problema.

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Domande frequenti

1. Essere sempre disponibili sul lavoro è davvero un problema?
Sì, se diventa un comportamento automatico che ti porta a trascurare te stesso.

2. Come posso capire se sto esagerando nell'aiutare gli altri?
Se ti senti stanco, irritabile o perdi motivazione, è il momento di fermarti e riflettere.

3. Dire "no" mi fa sentire in colpa: è normale?
È molto comune. Ma è possibile imparare a dire “no” in modo assertivo e rispettoso.

4. I miei colleghi potrebbero arrabbiarsi se metto dei limiti?
All'inizio sarà difficile e i colleghi abituati alla tua disponibilità potrebbero risentirsi. Con il tempo, però, impareranno a rispettarti di più.

5. Esistono tecniche per dire “no” senza creare conflitti?
Sì, le tecniche più efficaci hanno come obiettivo quello di imparare a comunicare assertivamente, che è una competenza che si può apprendere. 

Bibliografia

  • De Carli, A. (2020). Assertività. Dire no senza sensi di colpa. Franco Angeli.
  • Granone, F. (2018). La sindrome del bravo ragazzo. Red Edizioni.
  • Vegetti Finzi, S. (2011). Confini. Mondadori.

La disponibilità eccessiva spesso nasconde il timore del rifiuto: chiedere aiuto è il primo passo per imparare a scegliere sé stessi.

Affrontare la fatica di dire no è possibile, e puoi farlo nel modo più adatto a te: online o dal vivo, uno psicologo può accompagnarti.