“Mio figlio ha iniziato a toccarsi...è normale? Devo preoccuparmi?”
È una delle domande che più spesso mi sento rivolgere, e non di rado arriva con un po’ di imbarazzo, magari sottovoce, accompagnata da un misto di confusione e paura di sbagliare. Quando poi il figlio ha una disabilità – cognitiva, motoria o relazionale – queste emozioni diventano ancora più forti. I genitori si sentono spesso soli, spaesati, incerti su come comportarsi.
Ma partiamo da qui: sì, è normale.
La sessualità fa parte dello sviluppo di ogni essere umano. Anche dei bambini con disabilità.
Eppure, proprio perché la società tende a non parlarne, perché mancano modelli di riferimento, perché si teme di dire troppo o troppo poco, il tema della sessualità nei bambini con disabilità resta spesso un grande tabù. Ma parlare con i bambini di sessualità non significa spingere a fare qualcosa di prematuro o inappropriato, bensì offrire strumenti — prima a noi adulti, poi a loro — per accogliere con delicatezza quello che, in fondo, è già lì: il corpo che cambia, la curiosità che nasce, il piacere che si scopre.
Questo articolo nasce per questo: per rispondere ai dubbi più comuni sul tema, per accompagnarti con uno sguardo empatico, competente e rispettoso dentro una delle domande più delicate e importanti del percorso genitoriale.
Quando iniziare a parlare di sessualità con un bambino disabile?
Una delle domande più frequenti che mi viene fatta è:
“Ma...quando è il momento giusto per iniziare a parlare di sessualità con mio figlio?”
La verità è che non esiste un’età precisa, valida per tutti. Perché ogni bambino è unico, e questo vale ancora di più se c’è una disabilità. L’età anagrafica, infatti, non sempre corrisponde all’età emotiva o cognitiva. Ci sono bambini di dieci anni ancora immersi nel gioco simbolico, e altri di sette che iniziano già a fare domande più “grandi”, a toccarsi, a esplorarsi, a notare cambiamenti nel proprio corpo o in quello degli altri.
Il momento giusto, quindi, non si misura con l’orologio, ma si riconosce nei piccoli segnali.
Quando un bambino comincia a toccarsi nei momenti di rilassamento o stress, quando chiede: “Cos’è questo?”, indicando una parte del corpo, quando propone giochi di ruolo come “facciamo che io ero la mamma e tu il papà?”, o quando si accorge dei cambiamenti del corpo durante la pubertà... ecco, quelli sono momenti preziosi per iniziare a parlarne.
In questi casi, parlare non è solo un gesto educativo: è un atto di protezione.
È un modo per aiutare il bambino a dare un nome alle cose, a sentirsi al sicuro nel proprio corpo, a distinguere ciò che è piacevole da ciò che è scomodo o pericoloso.
Aspettare troppo, sperando che “non se ne accorga” o che “prima o poi passerà”, rischia di lasciare il bambino solo, senza parole per descrivere quello che prova e senza adulti pronti ad accoglierlo.
Parlarne presto — con parole semplici, affetto, e rispetto per i suoi tempi — significa insegnargli che il corpo è suo, che merita rispetto e che ci sono limiti e confini da imparare.

Quali segnali indicano che è il momento giusto?
Nei bambini con disabilità, i segnali che indicano l’inizio della scoperta del corpo e della sessualità non sono poi così diversi da quelli degli altri bambini. A cambiare possono essere i tempi, l’intensità o il modo in cui questi segnali si manifestano.
Ma il messaggio resta lo stesso: il bambino sta crescendo, e ha bisogno di essere accompagnato.
Spesso però, davanti a certi comportamenti, i genitori si preoccupano, si imbarazzano, si chiedono se sia “troppo presto” o se ci sia “qualcosa che non va”. In realtà, questi segnali sono naturali e fanno parte di un processo sano, che possiamo accogliere con curiosità, dolcezza e rispetto.
Ecco alcuni esempi concreti di segnali che ci dicono: “Ok, è arrivato il momento di iniziare a parlarne”:
- Domande sul corpo: “Perché io ho il pisellino?”, “Perché la mia pancia è diversa dalla tua?” Sono domande semplici, ma potentissime. Ci dicono che il bambino sta iniziando a osservare se stesso e gli altri, e vuole capire.
- Toccamenti o esplorazione dei genitali: Succede spesso, soprattutto nei momenti di relax, noia o prima di addormentarsi. È un modo per conoscersi, per sentire piacere o tranquillizzarsi. Non va demonizzato, ma accompagnato con parole semplici e senza giudizio.
- Interesse verso il corpo degli altri: Guardare, toccare, fare domande sul corpo del fratellino, di un adulto, di un compagno. È curiosità, non malizia. È importante non reagire con allarme, ma usare questi momenti per spiegare il rispetto, il consenso, i confini.
- Giochi di imitazione: “Facciamo che io ero la mamma e tu il papà?” I bambini spesso riproducono ciò che vedono o immaginano. Non significa che sappiano davvero cosa stanno facendo, ma che stanno esplorando ruoli, affetti, relazioni.
- Parole legate alla sessualità: A volte usano termini “grandi”, sentiti per caso in TV o online. Anche se non ne capiscono il significato, questo ci dice che hanno intercettato un tema nuovo, e hanno bisogno di qualcuno che glielo spieghi con chiarezza.
- Cambiamenti fisici (pubertà): Quando iniziano a crescere peli, seni, o arriva il ciclo, il corpo cambia. Ma se la comprensione non è al passo, serve ancora più attenzione. Parlare di questi cambiamenti in modo rispettoso e concreto è fondamentale.
Ricordiamoci sempre: non sono segnali da correggere, ma da ascoltare. Sono piccoli “campanelli” che ci dicono che il bambino è pronto – a modo suo – ad accogliere alcune informazioni.
E tu, come genitore, non devi avere tutte le risposte. Basta esserci, aprire una porta, iniziare una conversazione. Con parole semplici, con pazienza, con amore.
Ti mancano le parole giuste per spiegare certi argomenti a tuo figlio?
Non servono superpoteri, solo strumenti adatti al tuo bambino. Uno psicologo può aiutarti a trovarli e usarli con fiducia.
Quali sono i livelli di comprensione nei bambini con disabilità?
Quando si parla di educazione sessuale nei bambini con disabilità, una delle cose più importanti da ricordare è che non esiste un unico modo giusto per spiegare le cose.
Ogni bambino ha un modo tutto suo di vedere, sentire, comprendere la realtà. E questo dipende da tanti fattori: il tipo di disabilità, il livello cognitivo, il linguaggio, ma anche l’ambiente in cui vive, le esperienze fatte, le emozioni che prova. Secondo l’APA, bambini e adulti con disabilità intellettiva hanno conoscenze sull'affettività e la sessualità significativamente inferiori rispetto ai loro coetanei, il che richiede programmi educativi specifici
Ti faccio qualche esempio:
- Un bambino autistico può avere difficoltà a capire i doppi sensi, le metafore, o le emozioni più complesse. Come evidenzia l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i disturbi dello spettro autistico includono difficoltà nella comunicazione sociale e nell’interpretazione di comportamenti non verbali. In questi casi, è meglio essere molto concreti.
Invece di dire: “Il tuo corpo sta cambiando”, puoi dire: “Ora stanno crescendo i peli sotto le ascelle. È normale, succede ai ragazzi quando diventano grandi.” - Un bambino con la sindrome di Down può essere affettuoso, aperto, relazionale… ma avere difficoltà a riconoscere alcune regole sociali. In questo caso, serve ripetere le cose con calma, usare immagini, disegni, routine.
Ad esempio: “Questa parte del corpo è privata. Si tocca solo quando sei da solo, nella tua stanza.” - Un bambino con disabilità cognitiva grave o profonda magari non comprende le parole, ma sente il tono della voce, vede le espressioni, percepisce se qualcosa è fatto con amore o con tensione. Anche in questi casi, l’educazione sessuale passa attraverso i gesti, le routine quotidiane, il modo in cui ci prendiamo cura di lui.
Ogni bambino ha bisogno di un linguaggio su misura, cucito addosso con rispetto.
Niente spiegazioni complicate, niente discorsi astratti. Ma immagini, pupazzi, fotografie, libri semplici…e la pazienza di tornare sulle cose più volte, adattandole man mano che il bambino cresce.
Educare non significa spiegare tutto subito. Significa incontrare il bambino dove si trova, e camminare con lui, passo dopo passo. Anche nella scoperta della sessualità.
È normale che i bambini con disabilità abbiano comportamenti sessuali precoci?
Sì, è assolutamente normale.
Anche i bambini con disabilità, proprio come tutti gli altri, esplorano il corpo, sono curiosi, fanno domande, si toccano. Fa parte della crescita. Fa parte della vita.
A volte questi comportamenti spaventano, soprattutto se arrivano “prima del previsto” o se si manifestano in modi che non ci aspettiamo. Ma è importante sapere che non indicano qualcosa di sbagliato. Non sono “precoce sessualità” in senso adulto, né segnali da correggere. Sono semplicemente tappe – più o meno visibili – di un percorso di sviluppo che passa anche dal corpo.
Cosa vuol dire davvero “normale”?
Spesso pensiamo che “normale” significhi “uguale per tutti”. Ma quando parliamo di crescita, normale vuol dire “adeguato al proprio modo e ai propri tempi”.
Ogni bambino è diverso: cambia il modo in cui sente, comunica, si muove, interagisce. Cambia il tempo con cui arriva a certe scoperte. Cambia anche l’intensità con cui vive le cose.
Per esempio:
- Un bambino autistico potrebbe toccarsi i genitali in momenti di noia o stress: non lo fa perché “sta pensando al sesso”, ma perché quel gesto lo calma, lo aiuta a regolare le emozioni.
- Una bambina con sindrome di Down potrebbe cercare spesso abbracci o baci: non perché ha un’intenzione erotica, ma perché ha bisogno di contatto, di affetto, di sicurezza. Questo bisogno può essere frainteso o evolvere in dipendenza affettiva se non adeguatamente accompagnato.
In questi casi, ciò che può sembrare un comportamento “sessuale” è in realtà una forma di esplorazione, di ricerca, di autoregolazione. È un modo che il bambino trova – a suo modo – per conoscersi e stare bene.
Corpo, disabilità e neurodiversità
Molti bambini neurodivergenti vivono il proprio corpo in maniera più intensa o, al contrario, attenuata. Questo fa sì che alcuni gesti, alcune reazioni, ci sembrino “troppo” o “fuori luogo”.
Ma nella maggior parte dei casi, sono semplicemente risposte del corpo che cresce. Il loro modo di esplorare non è sbagliato. È solo diverso.
E tu, come genitore, cosa puoi fare?
- Non spaventarti. Respira. Osserva senza giudicare.
- Evita rimproveri bruschi o punizioni: rischiano di creare vergogna e confusione.
- Parla in modo semplice, usando parole comprensibili per tuo figlio.
- Spiega il contesto: dove, quando, come è appropriato esplorare il proprio corpo. Ad esempio:“Questa è una cosa privata, che puoi fare solo quando sei da solo, nella tua stanza.”
La sessualità non è qualcosa da temere o da censurare. È una dimensione umana che va accompagnata.
Con amore. Con rispetto. Con presenza.
La masturbazione precoce è normale?
Sì, è una cosa molto più comune e naturale di quanto si pensi.
Anche nei bambini con disabilità, la masturbazione è spesso una forma spontanea di autoesplorazione. È un modo per conoscersi, per sentire piacere, per calmarsi quando sono agitati o per trovare conforto nei momenti di fatica.
Non ha nulla a che vedere con la sessualità adulta, né con qualcosa di sbagliato o disturbante.
Ma...da che età può iniziare?
Non c’è un’età “giusta” o “sbagliata”. Alcuni bambini iniziano a toccarsi già prima dei tre anni, altri più avanti. A volte lo fanno di più in certi periodi — magari perché vivono cambiamenti, sono annoiati o un po’ stressati.
E per alcuni bambini con disabilità, questo gesto può diventare più frequente o visibile semplicemente perché non hanno ancora interiorizzato le regole sociali.
Per esempio:
- Un bambino con una disabilità intellettiva lieve può toccarsi più volte durante il giorno senza rendersi conto che ci sono persone attorno. Non lo fa per provocare, lo fa perché non ha ancora imparato dove è appropriato farlo. Potrebbe anche avere caratteristiche compatibili con ADHD, che rendono difficile la regolazione del comportamento.
- Una bambina autistica può toccarsi come modo per regolare le emozioni, o per stimolarsi sensorialmente in un ambiente che percepisce come troppo caotico.
E quindi, cosa possiamo fare?
Il nostro compito, come adulti, non è bloccare o far sentire in colpa. Ma accompagnare.
Accompagnare con parole chiare, affettuose, adatte al livello di comprensione del bambino.
Per esempio, si può dire:
- “Questa è una cosa che puoi fare solo da solo, nella tua cameretta.”
- “Non si fa a scuola o davanti agli altri.”
- “Ricordati di lavarti le mani prima e dopo.”
Con tono neutro, sereno. Senza vergogna. Senza urli.
Punire o sgridare non aiuta: crea solo confusione, o peggio ancora, senso di colpa.
Se tuo figlio ha bisogno di supporti visivi, puoi usare immagini, storie sociali o routine illustrate per aiutarlo a ricordare le regole. I bambini con disabilità spesso imparano meglio così: concretamente, con calma, con ripetizione.
E se ti sembra che questo comportamento diventi davvero troppo frequente, disturbante o difficile da gestire, parlarne con un professionista può fare la differenza. Non per “patologizzare”, ma per capire se magari dietro c’è un altro bisogno che non è stato ancora visto.
Normalizzare non vuol dire ignorare. Vuol dire accompagnare, con rispetto e presenza.
Come distinguere tra comportamenti normali e quelli che ci devono far riflettere?
Come dicevamo, è normale che i bambini — anche quelli con disabilità — esplorino il proprio corpo, facciano domande, giochino “al dottore”, chiedano affetto.
Ma a volte possono emergere segnali che ci chiedono un po’ più di attenzione.
Ecco una tabella semplice che può aiutarti a capire:
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Comportamenti Comuni (normali) |
Comportamenti che richiedono attenzione |
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Toccare i propri genitali in privato |
Farlo ossessivamente anche in pubblico, nonostante le regole |
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Chiedere “come nascono i bambini” |
Parlare spesso e con tono adulto di atti sessuali espliciti |
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Giocare “al dottore” con coetanei, saltuariamente |
Coinvolgere bambini molto più piccoli o costringerli al gioco |
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Mostrare il corpo per curiosità |
Esporsi in modo insistente o provocatorio |
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Reazioni di piacere corporeo innocente |
Comportamenti che causano dolore o sono autolesivi |
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Esplorare con imbarazzo e spontaneità |
Ripetere gesti o frasi sessualizzate in modo rigido e meccanico |
Quando è il caso di chiedere aiuto?
Se noti che il comportamento è rigido, ossessivo e non si modifica con spiegazioni chiare; coinvolge altri bambini in modi non rispettosi o li mette a disagio; è accompagnato da regressioni, ansia, paure improvvise; il linguaggio o i gesti sembrano “appresi” e non spontanei (come se fossero stati visti altrove) allora è bene parlarne con qualcuno. Può essere uno psicologo, un sessuologo esperto in disabilità o un neuropsichiatra infantile.
Attenzione non vuol dire allarmarsi.
Significa osservare, farsi domande e — se serve — farsi accompagnare.
Chiedere aiuto non è un segno di debolezza. È un atto di rispetto verso se stessi e chi si ama.
Quali tecniche educative posso usare per spiegare la sessualità a mio figlio con disturbi mentali?
Parlare di sessualità con un bambino che ha una disabilità non è facile.
Ma è possibile. E può anche diventare un’occasione preziosa per costruire fiducia, protezione, autonomia.
Ecco alcune tecniche che possono aiutarti:
- Brevi racconti illustrati
Sono perfetti per spiegare situazioni sociali in modo semplice: puoi creare una piccola storia con immagini che mostra, per esempio "Cosa posso fare quando sento il bisogno di toccarmi?” e raccontare che si fa in camera, da soli, con le mani pulite. - Immagini e materiali visivi
Molti bambini con disabilità capiscono meglio con le immagini. Puoi usare disegni per spiegare le differenze tra corpo maschile e femminile, o per indicare quali parti si possono toccare da soli, quali solo i medici, e solo in certi momenti. - Routine e regole semplici
Ripetere aiuta. Puoi inserire messaggi educativi nella quotidianità, per esempio, ogni sera al bagno dire:“Ora laviamo anche le parti intime. Prendersi cura del proprio corpo è importante.” - Role playing
Giocare con bambole o pupazzi per simulare situazioni: cosa rispondere se qualcuno vuole toccare il nostro corpo? “Il mio corpo è solo mio. Dico di no e chiedo aiuto.” - Rinforzo positivo
Quando tuo figlio segue le regole in modo rispettoso, riconoscilo. Con parole, un sorriso, un piccolo premio simbolico: “Hai fatto benissimo, sei stato rispettoso. Bravo!”
Qualche consiglio in più:
- Usa un linguaggio semplice, diretto, concreto.
- Evita frasi astratte o metafore difficili.
- Non avere fretta: dai tempo al bambino per interiorizzare.
- Ripeti, senza perdere la pazienza. La coerenza è tutto.
Ricordiamoci che educare alla sessualità non è un discorso unico da fare una volta sola.
È un percorso. Fatto di parole quotidiane, gesti piccoli, occasioni che si presentano nella vita di tutti i giorni.
E sì, anche con un bambino con disabilità, è possibile — e bellissimo — accompagnarlo verso una relazione sana e rispettosa con il proprio corpo.
Quali strumenti visivi possono aiutare i bambini autistici?
I bambini nello spettro autistico spesso vedono il mondo in modo diverso, più concreto, più visivo. Per questo, immagini, simboli e piccole sequenze illustrate possono diventare dei veri alleati: aiutano a capire meglio cosa sta succedendo, cosa ci si aspetta da loro e come affrontare certi momenti delicati, come quelli legati alla scoperta del corpo e della sessualità.
Quando parliamo di questi temi, usare strumenti visivi non è solo utile: è quasi indispensabile. Perché rende le cose più chiare, meno spaventose. Aiuta a dare un ordine, a ridurre la confusione, a creare sicurezza.
Ecco alcuni strumenti che puoi usare, con esempi pratici e risorse utili:
- Storie sociali illustrate:
Si tratta di brevi racconti, accompagnati da disegni, che spiegano una situazione — per esempio: "Cosa posso fare quando ho bisogno di toccarmi?" — e suggeriscono un comportamento adatto. Sono semplici, diretti e rispettosi.
Le puoi creare tu, con immagini che il tuo bambino conosce, oppure usare risorse già pronte. - Libri pensati per bisogni speciali:
Ci sono alcuni libri davvero ben fatti, creati proprio per accompagnare i bambini con disabilità nella scoperta della sessualità e del corpo. Usano parole semplici, disegni chiari, e spiegano tutto senza giudizio.
Ecco alcuni titoli utili:- Mi riguarda. Educazione affettiva e sessuale per persone con disabilità – Ed. Erickson
- A partire da me – ANFFAS, con materiali visivi per la consapevolezza corporea
- Sexuality and Safety with Tom and Ellie – in inglese, specifico per ragazzi autistici
- Sequenze visive e calendari:
Puoi creare piccole routine illustrate, da appendere in bagno o nella cameretta, che aiutano il bambino a orientarsi nei momenti intimi o di cura del corpo.
Per esempio: Bagno → Chiudo la porta → Mi tocco → Mi lavo → Esco
Sono strumenti che danno ordine e tranquillità. Puoi plastificarli, usare simboli colorati o adesivi, e renderli parte della quotidianità. - Video educativi animati:
Molti bambini nello spettro rispondono bene ai video: se sono semplici, con immagini chiare e una voce calma che spiega passo passo, diventano uno strumento potente. Meglio se brevi e ripetibili, così che possano rivederli tutte le volte di cui hanno bisogno.
Un consiglio pratico:
Scegli immagini semplici e usale sempre con coerenza. Stesse parole, stessi simboli, stessi gesti. La ripetizione rassicura, crea familiarità e aiuta il bambino a interiorizzare messaggi importanti come:
- “Il corpo è mio”
- “Ci sono regole da seguire”
- “Se mi sento a disagio, posso chiedere aiuto”
E soprattutto, non avere paura di nominare le cose. Parlare con naturalezza, anche di argomenti delicati, è il modo più profondo per costruire rispetto, consapevolezza e protezione.

Perché sono così importanti le routine e le ripetizioni nell’educazione sessuale?
Quando si cresce un bambino con una disabilità cognitiva, ci si accorge presto che ciò che per altri è scontato, per lui è necessario che sia “spiegato” in modo diverso. Non una volta sola, ma tante volte. Sempre allo stesso modo. Le routine e le ripetizioni non sono solo utili: sono la base su cui costruire fiducia, comprensione e sicurezza.
Il cervello di questi bambini ha bisogno di prevedibilità per sentirsi al sicuro. E quando c’è sicurezza, c’è anche spazio per apprendere. Le ripetizioni creano connessioni: aiutano a ricordare, a interiorizzare, a dare un senso a ciò che accade nel corpo e intorno a sé.
Ecco alcuni esempi semplici, che possono diventare piccoli rituali quotidiani:
- Davanti allo specchio, ogni mattina: “Questo è il mio corpo. Il mio corpo è mio.”
- Prima del bagnetto: “Quando mi lavo, tocco il mio corpo. Lo faccio da solo. In bagno, con la porta chiusa.”
- Prima della nanna: sempre la stessa storia illustrata sul corpo, la privacy o l’intimità.
Non serve dire tante cose, né cambiare spesso approccio. Servono poche parole, dette con coerenza, negli stessi momenti della giornata. È la semplicità a fare la differenza.
Quali errori è meglio evitare quando si parla di sessualità con bambini disabili?
Parlare di sessualità con un bambino con disabilità può farci sentire a disagio. Ma il modo in cui reagiamo fa la differenza tra farlo sentire accolto… o sbagliato.
Ecco alcuni errori comuni — e come possiamo fare diversamente:
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Errore comune |
Cosa fare invece |
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Evitare l’argomento per imbarazzo o paura |
Affrontarlo con naturalezza, come parte della crescita |
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Ridicolizzare domande o comportamenti |
Rispondere con rispetto e calma: la curiosità è sana |
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Ignorare i segnali |
Ascoltare e dare risposte chiare, adeguate alla sua età mentale |
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Usare bugie o metafore confuse |
Dire la verità con parole semplici e dirette |
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Bloccare bruscamente la conversazione |
Lasciare tempo, e mantenere uno spazio aperto per tornare a parlarne |
Parlarne in modo sereno è un dono prezioso. Aiuta il bambino a non vergognarsi del suo corpo e delle sue emozioni. A sentirsi degno, anche quando ha dubbi o domande difficili.
Come affrontare situazioni imbarazzanti o difficili?
Ci saranno momenti difficili, è normale. Forse tuo figlio inizierà a toccarsi davanti ad altri. O farà domande intime nel bel mezzo del supermercato. Quando succede, è importante restare calmi. Il modo in cui reagisci in quel momento insegna più di mille parole.
Ecco alcuni esempi concreti e come puoi gestirli:
- A scuola o in classe: se inizia a toccarsi o fa una domanda intima, rispondi con dolcezza e richiama con semplicità la regola della privacy. Parla con gli insegnanti di supporto per condividere strategie comuni.
- Al supermercato o in pubblico: se il comportamento è intimo, guidalo con delicatezza in un luogo tranquillo. Niente sgridate. Solo un messaggio chiaro: “Qui siamo in pubblico. Quando siamo a casa, puoi fare questo da solo.”
- A casa, con ospiti: se succede qualcosa davanti ad altri, puoi ricordargli che “ci sono momenti privati” e coinvolgere con discrezione gli ospiti per creare un clima rispettoso e protetto.
Essere preparati ci aiuta a non farci prendere alla sprovvista. E soprattutto, dà al bambino un messaggio potente: “Anche se succedono cose difficili, io ci sono. Ti capisco. Ti guido.”
Come rispondere a domande imbarazzanti sulla sessualità?
A volte arrivano così, all’improvviso: “Perché ho il pene?”, “Cos’è il sesso?”, “Perché la mia amica si tocca?”. È normale sentirsi spiazzati. Ma la cosa più importante è non evitare la domanda.
Ecco alcune risposte semplici da tenere a mente:
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Domanda del bambino |
Risposta semplice |
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“Perché ho il pene?” |
“È una parte del tuo corpo, serve anche per fare pipì.” |
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“Come nascono i bambini?” |
“Mamma e papà si vogliono bene e insieme fanno un bambino.” |
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“Perché la mia amica si tocca?” |
“A volte toccare il proprio corpo fa sentire bene. Ma si fa solo in privato.” |
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“Cos’è il sesso?” |
“È un modo speciale che hanno gli adulti per volersi bene.” |
Se la domanda ti sembra troppo grande per quel momento, va bene anche dire: “Questa è una cosa che ti spiegherò meglio più avanti. Ma quando vuoi, ne parliamo.”
Hai paura di sbagliare e di dire troppo o troppo poco?
Non esistono genitori perfetti, ma genitori che si fanno aiutare. Il primo colloquio con i nostri psicologi è gratuito.
Cosa fare se il bambino mostra comportamenti sessuali in pubblico?
Quando un bambino con disabilità si tocca in pubblico o mostra comportamenti intimi, può creare disagio. Ma quel gesto non va né giudicato né punito. Va accolto e guidato.
I comportamenti sessuali non sono sbagliati in sé: vanno solo accompagnati, aiutando il bambino a capire quando e dove sono adatti.
Come spiegare la differenza tra pubblico e privato:
- Usa esempi concreti: “Quando siamo a casa, puoi toccare il tuo corpo. Quando siamo con gli altri, no.”
- Crea piccole routine o storie visive: immagini semplici che spiegano dove e quando si possono fare certe cose.
- Ripeti spesso, con pazienza, e premia i comportamenti adeguati con parole gentili o piccoli gesti di affetto.
E se succede sul momento?
- Mantieni la calma.
- Sposta il bambino in un luogo riservato, con dolcezza.
- Distrailo con qualcosa che gli piace, e poi spiega con parole semplici cosa può fare la prossima volta.
Quello che conta non è eliminare il comportamento, ma accompagnarlo con rispetto e coerenza. È così che si educa, senza paura né vergogna.
L’educazione sessuale è un atto di cura
Parlare di sessualità con bambini con disabilità non è facile. Ma è importante. Non perché ci obbliga la scuola, o i tempi che cambiano. Ma perché questi bambini — come tutti — hanno un corpo, emozioni, bisogni, desideri. E hanno diritto a conoscerli, rispettarli, proteggerli.
Offrire un’educazione sessuale pensata per loro significa dire: “Ti vedo. Ti rispetto. Meriti di capire quello che ti succede.”
Non serve essere perfetti. Serve esserci. Con la mente aperta e il coraggio di chiedere aiuto quando non si sa da dove cominciare. Perché nessuno educa da solo. Ma insieme, sì, possiamo davvero fare la differenza. E se senti il bisogno di un supporto professionale, scopri come funziona Psicologo di Base.
















