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“Mi sento diverso dagli altri”: come superare il senso di esclusione e riscoprire il tuo valore
- Psicologia e Territorio
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Ti capita spesso di sentirti invisibile quando sei in mezzo ad altre persone? Sappi che sentirsi diversi dagli altri è un vissuto davvero comune. Accade spesso, come psicologa, che i pazienti mi riferiscano la sensazione di sentirsi soli, differenti rispetto agli altri: un vissuto che dapprima può farci sentire sbagliati, fuori posto ma che, se accolto, validato, ascoltato, può portarci ad una profonda conoscenza e connessione con noi stessi e con gli altri.
Vediamo insieme come attraversare questo vissuto e riscoprire un nuovo rapporto con noi stessi.
Quando ti senti diverso: un vissuto più comune di quanto pensi
“Mi sento come se fossi di un altro pianeta”: cosa significa sentirsi diversi
Il vissuto del sentirsi diversi dagli altri può emergere molto presto, già dai primi anni di vita, all’interno della propria famiglia d’origine, per poi estendersi anche più avanti, in adolescenza e in età adulta.
Oppure può svilupparsi se ci si è sentiti dire, fin da bambini, di essere strani, diversi, eccessivamente sensibili o fuori posto.
Può essere una sensazione nata tra i banchi di scuola, quando tutti sembravano così a proprio agio, felici e tu, invece, ti sentivi escluso, di troppo.
O può essersi sviluppata nella tua casa, quando i tuoi genitori ti paragonavano a tuo fratello o a tua cugina e ti dicevano “perché non sei come gli altri?”.
Ed è così che in te si è sviluppata l’idea di essere strano, sbagliato, inadeguato, ma questo è solo l’inizio di uno splendido viaggio verso una profonda e autentica conoscenza di te.
I paragoni con gli altri ti fanno sentire costantemente inadeguato o “indietro”?
Un supporto psicologico può aiutarti a liberarti da aspettative irrealistiche e riscoprire il tuo valore autentico.
È normale sentirsi fuori posto?
I momenti più comuni in cui possiamo sentirci fuori luogo sono quelli di passaggio: ad esempio quando nella tua vita è arrivato il periodo dell’adolescenza, una fase di cambiamento, di metamorfosi in cui le certezze passate lasciavano spazio a dubbi e insicurezze.
Oppure quando hai dovuto affrontare un cambio di classe, lasciando i tuoi compagni ormai noti.
O quando, da adulto, hai lasciato quel lavoro e ti sei dovuto adattare ad un nuovo luogo, una nuova città, nuove relazioni.
Oppure quando quella relazione così importante per te è terminata e ti sei sentito così spaesato, incerto, confuso.
Sappi che tutto ciò che hai provato è normale, che ogni emozione che hai vissuto era quella giusta e che non sei il solo: ciò che hai provato tu è lo stesso che prova ogni altra persona.
Le radici del sentirsi diversi o invisibili
Disconnessione sociale: cosa succede dentro di noi
Il senso di esclusione emotiva nasce da un insieme di esperienze, percezioni e bisogni emotivi non soddisfatti. È una sensazione dolorosa che si manifesta quando una persona si sente tagliata fuori da legami affettivi significativi o percepisce di non essere accettata, compresa o valorizzata dagli altri. Vediamo come si sviluppa più nel dettaglio:
1. Esperienze precoci e attaccamento
- Infanzia e relazioni primarie: Il senso di esclusione spesso ha radici nell’infanzia. Se un bambino non riceve attenzione, affetto o accettazione da parte dei genitori o figure di riferimento, può interiorizzare l’idea di non essere degno d’amore o di non appartenere.
- Modelli di attaccamento insicuri: I bambini con attaccamento evitante o ansioso possono sviluppare una maggiore vulnerabilità all’esclusione emotiva da adulti.
2. Esperienze sociali e rifiuto
- Rifiuto o emarginazione: Subire bullismo, essere ignorati o esclusi in contesti scolastici, lavorativi o familiari può rafforzare la sensazione di non appartenenza.
- Confronto sociale: Vivere in un ambiente competitivo o giudicante può far percepire agli individui di non essere “abbastanza” o di non meritare la vicinanza degli altri.
3. Aspetti psicologici interni
- Bassa autostima: Chi ha una visione negativa di sé è più incline a interpretare segnali neutri come rifiuto.
- Ipersensibilità al rifiuto: Alcune persone sono particolarmente sensibili a segnali di esclusione (anche minimi), e questo può far nascere o rafforzare il senso di esclusione.
- Distorsioni cognitive: Tendenze a pensare in termini di “tutto o niente” (es. "se non mi rispondono subito, significa che non mi vogliono bene") possono alimentare questo vissuto.
In questi casi, può essere molto utile un percorso di psicoterapia individuale per lavorare sulle convinzioni disfunzionali e rafforzare l’autostima.
Il senso di esclusione emotiva non nasce, quindi, da un singolo evento, ma da una combinazione di fattori relazionali, esperienziali e psicologici. Superarlo richiede consapevolezza, accettazione delle proprie emozioni e, spesso, un percorso di crescita personale o psicoterapia per ricostruire fiducia in se stessi e negli altri.
Il peso del confronto sociale
Viviamo in un mondo in cui il confronto sociale è diventato inevitabile. Ovunque ci giriamo — a scuola, tra amici, o scrollando i social — siamo esposti a immagini, racconti e successi altrui che ci spingono, spesso inconsapevolmente, a misurare il nostro valore in base a quello degli altri. Questo meccanismo, per quanto umano, può amplificare in modo profondo il senso di diversità e portarci a sentirci inadeguati. In alcuni casi, questo bisogno di confronto può evolvere in una vera e propria dipendenza dai social media, alimentando la FOMO (fear of missing out).
Social media: la vetrina della perfezione
Sui social, le persone mostrano solo i momenti migliori: viaggi, successi, relazioni felici, fisici scolpiti. Anche se sappiamo che quella è solo una parte della realtà, il confronto scatta comunque. Questo fenomeno può anche impattare sull’autopercezione corporea, come spiegato in questo articolo su social media e immagine corporea.
Ci si ritrova a pensare:
"Perché la mia vita non è così bella?"
"Cosa ho che non va?"
In poco tempo, l’autostima cala e cresce la sensazione di non essere abbastanza.
Scuola e università: la gara invisibile
In classe, il confronto può essere costante. C’è chi prende voti migliori, chi è più popolare, chi sembra avere tutto sotto controllo. Ogni successo altrui può diventare una conferma delle proprie insicurezze.
Il peso delle aspettative — dei professori, dei genitori, ma anche di se stessi — può diventare opprimente.
Amicizie: inclusione o confronto?
Anche tra amici il confronto può ferire. Se si è gli unici a non avere una relazione, un certo stile di vita o obiettivi chiari, ci si può sentire tagliati fuori. A volte il silenzio degli altri su certe difficoltà, può farci pensare di essere gli unici a star male, accentuando il senso di diversità e solitudine emotiva.
Il confronto sociale non è sempre negativo — può motivare e stimolare — ma se guidato solo da aspettative esterne e dal bisogno di approvazione, rischia di offuscare il nostro valore autentico.
Riconoscere il peso di queste pressioni è il primo passo per liberarsene. Non siamo nati per essere copie degli altri, ma per costruire, con i nostri tempi e limiti, una strada che ci assomigli davvero.
Il bisogno di appartenenza e autenticità
Non sei sbagliato, sei umano
L’essere umano è un essere sociale, ha un bisogno innato di appartenenza e connessione. Quando questo bisogno viene frustrato, per esempio, per mancanza di amicizie significative o difficoltà relazionali, può emergere una forte sensazione di esclusione emotiva.
Lo psicologo Abraham Maslow nella sua celebre piramide dei bisogni fondamentali dell’uomo, ha inserito anche quello di appartenenza, amore e riconoscimento: ogni essere umano ha bisogno di creare legami di amore, di amicizia, di appartenenza a gruppi (comunità, scuola, lavoro), di relazioni affettive e di accettazione sociale. Ognuno di noi ha bisogno, quindi, di essere riconosciuto, valorizzato da parte degli altri.
Lo psichiatra Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale, affermò “ci si ammala attraverso le relazioni e ci si guarisce attraverso le relazioni”, sottolineando l'importanza delle interazioni autentiche per la salute mentale. le relazioni interpersonali possono essere luogo di dolore ma possono essere anche fonte di condivisione autentica e nutrimento. Anche nei legami affettivi più stretti, come quelli di coppia, lavorare sull’autenticità può essere trasformativo. Scopri di più sulla psicoterapia di coppia. Ed è proprio questo ciò che più nutre ogni essere umano: una condivisione autentica, profonda di se stessi con gli altri, senza maschere, senza scudi, per scoprire che no, non si è soli e che si, ognuno di noi vive le medesime emozioni.
Hai vissuto a lungo con la sensazione di essere invisibile, escluso, incompreso?
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Trovare il proprio posto nel mondo (senza cambiare chi sei)
Accettare la propria unicità
La chiave per superare quella sensazione di essere sbagliati o diversi è, quindi, scoprire la propria unicità, la propria cifra nel mondo.
Può essere utile chiedersi: “cos’è ciò che mi accende lo sguardo, che mi fa brillare gli occhi, che accende il mio animo, che mi fa sentire vivo?”.
Lì, anche solo abbozzata, c’è la nostra strada da seguire, c’è la profonda occasione di conoscere davvero se stessi.
Invece di sentirti diverso, prova a sentirti unico: quelli che ritieni tuoi difetti, sono in realtà le tue risorse. Quella sensibilità che ti veniva criticata, può diventare strumento di aiuto per gli altri; quel tuo sentirti vulnerabile e fragile, può diventare la tua capacità di comprendere profondamente le emozioni altrui. Ed anche quelle esperienze negative possono trasformarsi in maggior empatia nei confronti delle persone accanto a te.
Cosa evitare quando ti senti diverso
Isolarsi, omologarsi: perché non funziona
La tentazione per non sentirsi inadeguati, diversi rispetto agli altri può essere quella di omologarsi e di conformarsi alle persone intorno a noi oppure quello di isolarsi, di escludere gli altri dalla propria vita.
In realtà fingere di essere chi non si è può farci sentire inizialmente al sicuro, ma a lungo andare ci può far perdere il contatto con noi stessi e la nostra voce interiore.
Così come isolarsi: in un primo momento possiamo avere l’impressione di essere al sicuro, ma col tempo ci sentiremo estraniati, soli, amareggiati.
Quello che possiamo fare è circondarci di persone con cui poter essere noi stessi, condividere insieme ciò che amiamo e sperimentare, così, la bellezza di essere così come siamo.
Strumenti per tornare in contatto con te stesso
Mindfulness e ascolto interiore
In un mondo frenetico, dove tutto corre e le distrazioni sono continue, capita spesso di perdere il contatto con se stessi. Si agisce in automatico, ci si paragona agli altri, si risponde a mille stimoli esterni, ma si ascolta poco ciò che accade dentro. Ritrovare questo spazio interiore è possibile, anche con strumenti semplici e quotidiani. Ecco alcune tecniche pratiche basate sulla mindfulness e sull’ascolto di sé.
1. Respira consapevolmente
Siediti per un minuto e porta l’attenzione al tuo respiro. Non devi cambiarlo, solo osservarlo. Inspira… espira… e nota come si muove il corpo.
Esempio pratico: Mentre sei in fila o in pausa, chiudi gli occhi per qualche secondo e senti il respiro. È un modo semplice per “rientrare” nel presente.
2. Scrittura del mattino
Appena sveglio, prendi un quaderno e scrivi tutto ciò che ti passa per la testa. Non importa la forma, l’importante è lasciare fluire i pensieri.
Esempio pratico: Ogni mattina, 5 minuti di scrittura libera per capire cosa ti preoccupa, cosa desideri o di cosa hai bisogno.
3. Pratica il silenzio
Dedica almeno 10 minuti al giorno al silenzio totale, senza telefono, musica o parole. Solo tu, in ascolto.
Esempio pratico: Cammina in natura o siediti sul divano in silenzio. Osserva i pensieri che arrivano, senza giudicarli.
4. Ascolto del corpo
Il corpo parla: tensioni, stanchezza, dolori, ma anche leggerezza e calma. Imparare ad ascoltarlo è un modo per connettersi con se stessi.
Esempio pratico: Fai una scansione del corpo, dalla testa ai piedi, notando ogni sensazione. Bastano 3 minuti.
5. Rituali quotidiani
Trasforma un gesto semplice in un momento di mindfulness: bere il tè, farti la doccia, preparare la colazione. Fallo con piena attenzione, come fosse la cosa più importante del mondo.
Esempio pratico: Mentre bevi il caffè, senti il calore della tazza, il profumo, il gusto. Resta lì, solo in quel momento.
Questi strumenti non richiedono tempo extra, ma presenza mentale. Anche solo 5 minuti al giorno possono fare la differenza. La chiave è fermarsi e ascoltare: cosa sto provando? Di cosa ho bisogno? Dove sento tensione o pace nel corpo?
"Più ti ascolti, più impari a volerti bene."
Sentirsi diversi non significa essere sbagliati: chiedere aiuto è il primo atto di amore verso sé stessi.
Diverso non vuol dire solo. Trova supporto con Psicologo di Base, sia in presenza che online.

Autrice
Dott.ssa Giulia Rinaldi
Psicologa e Psicosessuologa
Dottoressa in Psicologia con Laurea Magistrale, iscritta all'albo degli psicologi della Sardegna con il n. 3796