Durante i primi quattro anni i bambini acquisiscono informazioni che poi conserveranno per tutta la vita; da adulti, però, tutti noi non riusciamo ad avere molti ricordi della prima infanzia.

Descrizione del fenomeno

La maggior parte degli adulti non riesce a ricordare gli eventi accaduti durante i primi tre anni di vita (amnesia hard) ed ha pochi ricordi delle esperienze vissute tra i tre ed i sette anni (amnesia soft): questo fenomeno è noto come amnesia infantile.

Secondo Freud, questa dimenticanza è il risultato di una rimozione di contenuti legati alla sessualità infantile e a conflitti inconsci.

Freud riteneva che uno degli obiettivi principali della psicoanalisi fosse aiutare i pazienti a ricostruire i ricordi rimossi dell'infanzia. Attraverso il lavoro analitico (libere associazioni, interpretazione dei sogni, transfert), si può riportare alla coscienza il materiale rimosso, consentendo al paziente di affrontare e risolvere i conflitti inconsci.

In sintesi, per Freud le amnesie infantili non sono un semplice "vuoto di memoria", ma un fenomeno psichico complesso, che protegge il bambino dalla consapevolezza di desideri o impulsi difficili da elaborare. Questo concetto è centrale nella sua teoria, poiché collega l'infanzia all'origine dei conflitti inconsci che influenzano la vita adulta.

Studi recenti, invece, indicano che fattori neurobiologici e ambientali giocano un ruolo chiave nella formazione e nel consolidamento della memoria autobiografica.

I passi dello sviluppo negli esseri umani e nei roditori

L’amnesia infantile non si verifica solo negli esseri umani: infatti, sono stati condotti degli esperimenti su topi piccoli che venivano condizionati ad evitare uno shock negativo. Questi studi hanno dimostrato che gli animali più piccoli dimenticano più velocemente di quelli più grandi; un esempio di esperimento è quello condotto da Campbell e colleghi, che addestrarono topi di diverse età (da 18 a 100 giorni) in un compito di memoria del posto e testarono la conservazione del ricordo  a distanza di 0, 7, 21 e 42 giorni.  Tutti i topi mostrarono un ricordo perfetto se testati subito dopo l’addestramento, suggerendo che i topi di tutte le età formano simili memorie del posto. Tuttavia, la capacità di conservare tale informazione dipendeva dall’età: mentre i topi infanti (18 giorni) mostravano una dimenticanza rapida, i topi adulti (54 giorni) conservavano un ricordo perfetto a distanza di 42 giorni. Queste scoperte sono state verificate in diverse specie, dimostrando che la dimenticanza rapida è un fenomeno evolutivamente conservato (Campbell e Spear, 1962).

La nostra abilità di ricordare aumenta con lo sviluppo e la maturazione: la dimenticanza è tanto più rapida quanto più giovane è la nostra età (Barr et al., 1996).

L’amnesia infantile sembra un paradosso, in quanto l’abilità di apprendimento dei bambini è alquanto rigogliosa; in realtà, l’amnesia infantile riflette un periodo critico dello sviluppo durante il quale il sistema di apprendimento sta imparando come ricordare. Le esperienze traumatiche vissute in questo periodo possono predisporre l’individuo a disfunzioni durante tutto l’arco della vita; ecco perché è fondamentale che nei primi anni di vita il bambino sia esposto ad un ambiente ottimale, che renda possibile lo sviluppo di un sistema di apprendimento efficiente e ben organizzato (Rutter, 1998).

Per dimostrare l’importanza delle esperienze precoci, a Bucarest è stato condotto un esperimento su bambini abbandonati e portati in istituto al momento della nascita. Dato che questi bambini non avevano la possibilità di interagire socialmente e di ricevere cure adeguate, manifestarono sin da subito ritardi cognitivi e disturbi psichiatrici. Successivamente alcuni di loro vennero dati in affidamento: la ripresa risultò migliore quanto più precoce fu l’affidamento, mentre i bambini che vennero affidati ad una famiglia troppo tardi recuperarono solo poche funzioni (Bos et al., 2010).

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Secondo alcuni autori, quando i bambini apprendono l’abilità del linguaggio, gradualmente imparano a formulare i propri ricordi autobiografici e iniziano a parlare degli avvenimenti passati con i genitori; altri autori suggeriscono invece che lo sviluppo della “teoria della mente” precede la capacità di ricordare un evento come qualcosa di cui si è fatta effettivamente esperienza diversamente da uno di cui semplicemente si sa qualcosa. Quindi, prima i bambini imparano ad attribuire stati mentali a se stessi e agli altri e comprendono che gli altri hanno stati mentali diversi dai propri: solo successivamente iniziano a distinguere i ricordi (Perner e Ruffman, 1995).

In particolare, le teorie psicologiche umane evidenziano che l’abilità di formare ricordi duraturi coincide con la comparsa di capisaldi dello sviluppo come l’acquisizione del senso di sé, la teoria della mente e il linguaggio. Tuttavia, dal momento che l’amnesia infantile non è stata osservata solo negli esseri umani, è improbabile che questo fenomeno possa essere spiegato in maniera esaustiva attraverso concetti prettamente umani.

Le teorie biologiche

Secondo alcune spiegazioni biologiche, lo sviluppo post-natale di regioni cerebrali importanti per la memoria ostacola un immagazzinamento stabile della memoria a lungo termine. Ad esempio, l’aggiunta di nuovi neuroni nell’ippocampo (neurogenesi ippocampale) causa l’incapacità di formare memorie a lungo termine; di conseguenza, alti livelli di neurogenesi agiscono negativamente sulla capacità di formare ricordi duraturi: l’incapacità di formare ricordi stabili coincide con un periodo di alta neurogenesi, mentre l’abilità di formare ricordi persistenti emerge quando il tasso di neurogenesi diminuisce, quindi in periodi successivi dello sviluppo (Kitamura et al., 2009).

Secondo le teorie del “cervello immaturo”, l’amnesia infantile si verifica perché le aree cerebrali più importanti per la formazione e l’immagazzinamento della memoria non sono sufficientemente mature, quindi non sono ancora in grado di processare i ricordi; secondo le teorie della “maturazione cerebrale continua”, invece, il processo di maturazione ostacola il consolidamento stabile della memoria (Richmond e Nelson, 2007).

L’ipotesi evolutiva sostiene che le prime memorie non sono immagazzinate a lungo termine perché l’ippocampo è ancora immaturo: l’ippocampo umano raggiunge la maturazione funzionale non prima di 20-24 mesi, giungendo ad una piena maturità intorno alla fine dell’età prescolare (3-5 anni), età che corrisponde alla compensazione dell’amnesia infantile.

L’influenza dei fattori individuali e culturali

Dato che persone appartenenti a culture differenti iniziano ad avere i primi ricordi autobiografici ad età diverse, l’amnesia infantile sembra essere influenzata sia dai fattori socio-culturali sia da quelli individuali.

Nelle culture occidentali (individualistiche) una funzione critica della memoria è la nostra identità: ecco perché le memorie autobiografiche rappresentano un’esperienza distintiva e personale, che permette la creazione di un sé unico e autonomo e rende possibile l’esistenza delle differenze individuali. In accordo con le culture orientali (collettivistiche), invece, la memoria autobiografica non è fondamentale per la propria identità.

Queste differenze nella visione del sé influenzano l’età di insorgenza delle prime memorie autobiografiche, dato che nelle diverse culture si attribuisce un’importanza diversa ai ricordi autobiografici: nelle culture orientali tali ricordi si verificano intorno ai sei anni; nelle culture occidentali, invece, insorgono intorno ai tre anni (Fivush e Nelson, 2004).

Quindi, laddove si presta più attenzione all’individualità, gli individui pongono enfasi sui ricordi passati per definire chi sono ora; quando, invece, si privilegia la collettività, viene data maggiore importanza alle regole sociali e comunitarie, alla solidarietà collettiva e al ruolo sociale, a scapito dell’unicità della persona. Questo spiega perché nelle culture orientali il periodo di amnesia infantile è più lungo.

Influenza dei fattori socio-culturali

L’amnesia infantile non è solo un fenomeno neurobiologico, ma anche culturale. Le società occidentali, più individualistiche, enfatizzano i ricordi autobiografici e favoriscono un’insorgenza più precoce della memoria consapevole (circa tre anni). Al contrario, le culture collettivistiche orientali, meno focalizzate sull’individualità, mostrano una comparsa ritardata della memoria autobiografica (circa sei anni). Questo suggerisce che il modo in cui la memoria viene costruita e narrata dipende anche dall’ambiente sociale e dal linguaggio.

Secondo la prospettiva socio-culturale, la cultura attribuisce un’importanza diversa al passato dei propri membri: questo aspetto è rilevante per il ricordo delle memorie infantili da adulti (MacDonald et al., 2000).

L’amnesia infantile è un fenomeno complesso, spiegabile sia attraverso la psicoanalisi freudiana che le neuroscienze. Mentre Freud vedeva nella rimozione un meccanismo difensivo per proteggere il bambino da desideri inaccettabili, le teorie moderne evidenziano il ruolo della maturazione cerebrale e dell’interazione sociale nella formazione della memoria autobiografica. Futuri studi potranno approfondire ulteriormente il legame tra fattori neurobiologici, psicodinamici e culturali nel determinare la natura e l’estensione dell’amnesia infantile.

Bibliografia

  • Fivush R. e Nelson K., Culture and  language in the emergence of autobiographical memory, Psychological Review, New York, 2004, pp. 573-577.
  • MacDonald S., Uesiliana K. e Hayne W.R., Cross-cultural and gender differences in childood amnesia, Memory, Otago, 2000, pp.365-376.
  • Squire L.R. e Oliverio A., Biological memory, Oxford Univesity Press, New York, 1991, pp.240-271.

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