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Psicologia e Emergenze Collettive: Come Prepararsi e Superare Ansia e Paure
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Siamo Pronti ad Affrontare le Emergenze Collettive? Una Guida Psicologica
I cambiamenti climatici, i conflitti internazionali, le minacce che provengono non solo dall'ambiente o dalle situazioni di tensione geopolitica, ma anche da ambienti sempre meno identificabili dal punto di vista materiale e quindi poco tangibili come il web, stanno portando moltissime persone a sperimentare quello che l'OMS ha riconosciuto essere una forma di ansia sempre più diffusa: l'eco-ansia (Eco ansia - Cos'è e come si manifesta).
Eco-Ansia: Che Cos’è e Come Influisce sulla Percezione del Rischio
Tale disagio trova una spiegazione psicologica nelle modalità con cui le persone valutano i fattori di rischio nel momento in cui prendono delle decisioni: la percezione del rischio dipende da fattori emotivi e cognitivi.
Il Ruolo delle Emozioni e del Sistema Limbico nella Valutazione del Rischio
I primi sono fattori psicofisici che si attivano molto velocemente, grazie alla presenza del sistema limbico, il più primitivo e istintuale e che, come tale, fornisce delle risposte immediate e legate alla sopravvivenza: l'attacco, la fuga o l'immobilizzazione (freezing). Si tratta degli stessi fattori che spesso conducono a disturbi psicosomatici cronici (Cosa sono le emozioni e i disturbi somatici).
Il secondo sistema di valutazione invece si fonda sulla stima delle probabilità che un evento accada e delle sue conseguenze. Anche in questo caso vi è un primo sottosistema più rapido che opera per associazioni e uno più analitico che si basa sul calcolo probabilistico.
Memoria e Rischio: Come le Esperienze Passate Influenzano le Nostre Decisioni
Nel primo caso il rischio che si sta correndo richiama alla memoria esperienze passate simili attraverso delle libere e involontarie associazioni mentali: a quante persone quando si parla di attentati terroristici non viene subito in mente l'attentato alle Torri Gemelle? Il secondo sottosistema opera invece secondo le regole della logica e delle probabilità e fornisce quindi una valutazione maggiormente ragionata ma che non sempre riesce a vincere sull'aspetto emotivo.
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Da queste prime considerazioni si può giungere ad una importante conclusione: nella valutazione del pericolo vi sono molteplici fattori che influiscono sulla risposta comportamentale a cui si aggiungono anche numerosi bias cognitivi che influiscono sulla percezione della realtà circostante. I bias cognitivi sono delle distorsioni della realtà che la nostra mente adotta per prendere una decisione o effettuare una valutazione in modo rapido ed efficace. Vediamone alcuni.
Bias Cognitivi: Come Distorsioni Mentali Influenzano la Gestione delle Crisi
Il bias di ancoraggio porta a privilegiare informazioni che già abbiamo per prendere decisioni su una situazione anche nuova e di cui quindi potremmo non avere tutti i dettagli necessari a valutarla correttamente: ci “ancoriamo” a ciò che conosciamo nonostante il rischio che dobbiamo fronteggiare sia diverso rispetto a tutte le nostre conoscenze.
Bias di Conferma e Dissonanza Cognitiva: Perché Ignoriamo Nuove Informazioni
Il bias di conferma tende invece a confermare ciò che già sappiamo, filtrando tutte le informazioni che riceviamo sulla base delle conoscenze già acquisite. Ciò porta spesso a sminuire o ignorare nuovi dati se questi non suffragano ciò che già sappiamo. Questo bias è strettamente connesso a un altro fenomeno chiamato dissonanza cognitiva. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Nel 2008 Christopher J.L. Dibben ha effettuato una ricerca sullo spostamento di molti cittadini di Catania nella più periferica Trecastagni, nonostante questo paese si trovi alle pendici del vulcano Etna che è considerato ancora attivo. Nella sua indagine ha chiesto i motivi per cui molti avevano deciso di abbandonare la città e le risposte erano state tutte orientate verso il miglioramento della qualità di vita personale e della famiglia. Di fronte alla considerazione del ricercatore circa il maggior rischio di essere vittima di un'eventuale eruzione vulcanica, tutti gli intervistati avevano notevolmente ridotto la percezione del pericolo sminuendo la possibilità che un tale disastro si potesse verificare. Il contrasto tra la conoscenza di un fenomeno e il comportamento attuato che espone al fenomeno stesso è stato definito da Festinger come dissonanza cognitiva: di fronte a un'informazione che contrasta con un comportamento posto in essere si genera un disagio. Per riportare l'equilibrio e tacere tale sensazione o si diminuisce l'importanza degli elementi dissonanti oppure si cercano degli elementi consonanti con il comportamento attuato (bias di conferma).
Effetto Framing: Come la Percezione Positiva o Negativa Cambia il Giudizio
Il bias di riformulazione o effetto framing si basa sull'importanza che diamo agli aspetti positivi o negativi di un determinato evento. Se affermiamo, per esempio che c'è un rischio del 60% che un fenomeno si verifichi tendiamo a sottolineare l'aspetto negativo del fenomeno. Se tuttavia la stessa informazione si riformula dicendo che vi è il 40% di possibilità che un determinato evento non si verifichi, ecco che si esalta l'aspetto positivo e si porta quindi a sottovalutare l'effettivo rischio connesso a un determinato evento.
Il bias della rappresentatività porta a ritenere maggiormente probabile un evento di cui abbiamo già delle esperienze passate o delle informazioni in merito: il fatto che un certo fenomeno si sia già verificato porta a catalogarlo all'interno di altre emergenze e quindi a considerare la probabilità che si ripeta molto più alta di altri eventi di cui abbiamo scarse conoscenze o poca esperienza.
Chi considerava un rischio così elevato una pandemia da virus prima che il Covid 19 non diventasse un fenomeno mondiale?
Il paradosso dell'ignoranza o effetto Dunning-Kruger: più una persona ritiene di avere informazioni complete e attendibili su un fenomeno più la sua supponenza influenzerà un vasto numero di persone. Se tuttavia questa persona si sopravvaluta e in realtà non ha un quadro completo della situazione, il rischio è quello di affidarsi a informazioni parziali e quindi non valutare correttamente il pericolo connesso a un evento.
Psicoeducazione Sociale: Un Modello per Affrontare le Emergenze
Il rischio che i bias cognitivi interferiscano con la nostra capacità di valutare un pericolo è quindi molto elevato. Tuttavia ci sono degli strumenti di prevenzione psicologica che si possono attuare al fine di limitare l'influenza dei bias e soprattutto favorire una corretta valutazione di un possibile evento catastrofico privilegiando il sottosistema analitico.
Prima ancora che come sistema di intervento e supporto in caso di calamità, quello della protezione civile è un organo con finalità preventive ed educative poiché solo diffondendo una corretta informazione sui pericoli a cui possiamo esporci, e quindi conoscendoli, è possibile intervenire preventivamente preparandosi non solo materialmente alla possibilità di un evento ma anche psicologicamente, allenando la resilienza.
Ecco il motivo per cui il professore di psicologia Douglas Paton nel 2003 ha elaborato un modello cognitivo-sociale per spiegare come favorire decisioni relative a possibili emergenze orientate alla salvaguardia personale e alla preparazione.
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Motivazione al Cambiamento: Perché Riconoscere i Bias è Fondamentale
La prima fase è quella della motivazione al cambiamento. A sua volta questa dipende da tre fattori: la percezione del rischio, l'ansia e la consapevolezza critica.
Finora abbiamo affrontato il primo di questi tre fattori cioè gli ostacoli, i bias, che possono intervenire nella percezione del rischio; una loro conoscenza approfondita permette di riconoscerli e quindi evitarli.
Un secondo fattore è costituito dal livello di ansia: se troppo elevato si corre il rischio di avere una visione eccessivamente selettiva e ridotta del pericolo, se al contrario è troppo bassa la risposta comportamentale sarà l'inattività. Il giusto livello di ansia consente di rimanere attivi seppur preservando una visione completa dell'evento di cui si valuta il rischio.
Infine il terzo fattore è la consapevolezza critica: la maggiore tangibilità di un'emergenza o la sua più frequente divulgazione dai media porta a considerare il pericolo come maggiore, tuttavia la condivisione della stessa all'interno del contesto sociale in cui si vive consente di aumentare le conoscenze e migliorare la valutazione del fenomeno poiché lo rende reale (se condiviso anche da altre persone) e aumenta di conseguenza la motivazione ad attivarsi per prevenire futuri danni.
Formazione delle Intenzioni: Come Pianificare Azioni Preventive
La seconda fase è legata alla formazione delle intenzioni cioè a formulare le prime considerazioni circa il potere che ciascuno ha di intervenire preventivamente per non esporsi totalmente alle conseguenze negative di un evento disastroso. Una volta adeguatamente motivate, le persone cercano delle possibili soluzioni per mitigare gli effetti dei fenomeni.
Nel 2001 tre ricercatori dell'Università Victoria di Wellington hanno concluso una ricerca sugli effetti che l'esposizione, tramite media, alle catastrofi naturali può avere sulle persone e sulla loro percezione del pericolo. Il fatto che televisioni, giornali e altri strumenti di divulgazione sottolineassero il carattere totalitario degli eventi catastrofici mostrando le zone maggiormente colpite e generalizzando questi effetti a tutto il paese, trasmette la sensazione di impotenza e di fatalismo legato alle catastrofi naturali. Se si mostra che un'intera città è andata distrutta a causa di un terremoto, per esempio, si sta enfatizzando il potere distruttivo dell'evento e l'impotenza di fronte ad esso.
Se invece si mostrano realistiche immagini in cui alcuni edifici sono crollati e altri no, magari situati nella stessa zona, lo spettatore tende a riflettere sulla solidità dei singoli edifici e quindi a darsi spiegazioni più razionali e meno catastrofiste sull'accaduto, riducendo il senso di impotenza e incrementando la convinzione che la prevenzione sia un fenomeno possibile ed efficace. Questo nuovo mindset consente di intervenire efficientemente sulle persone divulgando informazioni corrette su come prevenire i danni di un possibile disastro e quindi avvicinando la popolazione a comportamenti sempre più orientati alla resilienza.
Dall'Intenzione all'Azione: Creare una Comunità Resiliente
La terza fase è quella dell'azione: il senso di autoefficacia è il primo passo verso l'assunzione di responsabilità personale circa le azioni di prevenzione che possono essere attuate. Il cittadino che si sente in grado di fare qualcosa per tutelarsi e proteggere la famiglia, non delegherà questa funzione alle istituzioni e questo costituirà un fattore protettivo anche per la comunità in cui è inserito.
In questa ultima fase un ruolo fondamentale è ricoperto dalle istituzioni, le quali dovrebbero essere sempre presenti e affiancare il cittadino. L'intervento di un ente superiore consente di incrementare il senso di empowerment individuale e collettivo.
Comunicazione nelle Emergenze: Come Trasmettere Messaggi Efficaci
Rohrmann, esperto di comunicazione persuasiva, ha sviluppato un modello (2000) che spiega il processo che consente ad una comunicazione alla collettività di essere efficace cioè di portare al comportamento auspicato.
Le Cinque Regole per una Comunicazione Efficace Durante le Crisi
In primo luogo una comunicazione efficace deve essere distribuita in modo uniforme a tutti i destinatari, ciò significa che i canali che si usano devono essere i più numerosi possibili e raggiungere quante più persone di estrazione sociale e culturale diversa. Questo comporta che il messaggio deve essere chiaro e specifico: rispettare il principio delle cinque W (what, who, when, where, why) è una delle modalità di formulazione di comunicazioni che consentano di essere complete ma brevi e quindi di essere più facilmente comprese e ricordate dalle persone. Coerentemente con quanto finora descritto, una comunicazione efficace deve anche stimolare l'attenzione delle persone, adattandosi anche a chi ha maggiori difficoltà cognitive (perché per esempio disabile o anziano) e cercando di essere comprensibile anche a chi non appartiene alla cultura di origine del Paese coinvolto.
Una volta compreso il messaggio, la maggior parte delle persone cerca una conferma: la coerenza e coesione delle istituzioni che gestiscono la comunicazione è quindi un'altra caratteristica essenziale affinché il messaggio risulti maggiormente penetrante e convincente agli occhi dei destinatari.
L'accettazione del messaggio è necessaria affinché, quando richiesto, la persona sia in grado di applicare quanto ha appreso: questa fase è anche la conferma che la fonte della comunicazione è ritenuta attendibile e affidabile.
Questa caratteristica è necessaria anche per il passaggio successivo, cioè quello della messa in atto dei comportamenti protettivi. Tuttavia non sempre tra l'accettazione e l'azione trascorre un lasso di tempo breve, anzi una buona attività di prevenzione è spesso svolta a distanza di tempo da quello che si presume essere il periodo di maggior rischio che l'evento si verifichi. Proprio l'affidabilità della fonte consente di porre in essere tutte le azioni di ritenzione necessarie affinché i destinatari restino attivi e pronti e non dimentichino quanto appreso. La ridondanza del messaggio e la rievocazione (anche con attività quali esercitazioni periodiche, incontri con la popolazione, uso dei media...) sono strumenti necessari al fine di garantire che il processo di psicoeducazione abbia formato persone resilienti.
Bibliografia:
- Dibben C. J. L., Leaving the city for the suburbs—The dominance of ‘ordinary’ decision making over volcanic risk perception in the production of volcanic risk on Mt Etna, Sicily, 2008, in Journal of Volcanology and geothermal Research
- Di Michele P.: Il nemico del risk assessment: il bias cognitivo. Problemi e (possibili) soluzioni, 2023, (23) Il nemico del risk assessment: il bias cognitivo. Problemi e (possibili) soluzioni | LinkedIn
- Pietrantoni L., Prati G., Psicologia dell'emergenza, Il mulino, 2019
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Autrice
Dott.ssa Alice Garbin
Iscrizione albo: Albo A 26230 Lombardia
Psicologa criminologa e mediatrice familiare Airac