Cosa Significa Affrontare la Selettività Alimentare?
Tra i 2 e i 6 anni è comune nei bambini attraversare una fase di selettività alimentare spesso dovuta ad una “neofobia alimentare”, ossia la paura di provare nuovi cibi. Nella maggior parte dei bambini questa fase è temporanea, talvolta, però per un numero ristretto può perdurare e diventare una fonte di conflitto e ansia all’interno del nucleo familiare e sociale.
L’origine della selettività alimentare si rivede in un atto protettivo che il bambino attua. Infatti, questa rigidità spesso nasce e si sviluppa perché il soggetto sente la necessità di evitare alcuni cibi che percepisce come minacciosi o disgustosi.
Il ruolo dello psicologo diventa fondamentale per aiutare chi soffre di selettività alimentare a rompere questo ciclo di ansia, stress e bassa autostima..
Che Cos’è la Selettività Alimentare?
La selettività alimentare, spesso etichettata come una difficoltà o un disturbo legato all’alimentazione, è un fenomeno complesso che coinvolge aspetti psicologici e nutrizionali. Non si tratta solo di semplici “capricci” o preferenze gustative, ma di una condizione che può influenzare profondamente la qualità della vita di chi ne soffre. Inoltre, anche se la selettività alimentare è più comune nei bambini può perdurare nell’età adulta e, in alcuni casi, portare a problematiche più gravi.
In questo articolo esploreremo le cause della selettività alimentare, gli effetti psicologici e sociali che comporta e il ruolo chiave dello psicologo nel fornire supporto a chi ne è affetto.
Che Cos’è la Selettività Alimentare e Come Si Manifesta?
La selettività alimentare si manifesta principalmente attraverso il rifiuto sistemico di una vasta gamma di cibi, limitandosi spesso ad un numero ridotto di alimenti che l’individuo percepisce come “sicuri”.
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I Segnali della Selettività Alimentare
Questi cibi sono generalmente preferiti perché risultano familiari e prevedibili in termini di gusto, consistenza, aspetto e odore. Le persone con selettività alimentare, infatti, possono rifiutare determinati alimenti non solo per motivi legati al sapore ma anche a causa di dettagli sensoriali come: la consistenza (cibi troppo morbidi o troppo croccanti), l’aspetto (cibi con colore, forma o presentazione non affini al soggetto) e persino l’odore (cibi con odori troppo forti o acri). Questo comportamento può tradursi in una forte avversione nei confronti di intere categorie di alimenti, come le verdure, i cibi speziati o quelli troppo elaborati. Infatti, in alcuni casi, sono accettati solo alimenti preparati in modi specifici che sono riconosciuti e apprezzati dal soggetto.
Spesso questa rigidità alimentare è vissuta come una necessità per evitare il disagio associato all’assunzione di quei cibi che vengono percepiti come minacciosi o disgustosi. Infatti, per chi soffre di selettività alimentare, l’atto stesso di provare un nuovo cibo può generare una forte ansia che, in seguito, si traduce in un evitamento sistematico.
Neofobia Alimentare: Una Fase Normale o un Problema?
Questo comportamento può essere presente in varie fasce di età; nei bambini però può essere considerata una fase temporanea dovuta allo sviluppo sensoriale in corso. Infatti, il rifiuto di cibi nuovi è spesso parte del normale processo di crescita, in cui palato e preferenze sono in costante evoluzione. Al contrario, quando la selettività alimentare persiste oltre una certa età o si aggrava può trasformarsi in un problema poiché si andranno ad instaurare delle dinamiche di evitamento. Tali dinamiche, inoltre, verranno accompagnate da emozioni negative e da difficoltà nell’ambito sociale e famigliare.
Conseguenze della Selettività Alimentare: Dal Piano Nutrizionale a Quello Sociale
Inoltre, se non adeguatamente affrontata, la selettività alimentare può avere conseguenze negative sia sul piano nutrizionale che su quello dello sviluppo fisico e cognitivo.
Carenze Nutrizionali e Sviluppo Fisico
Infatti, limitare drasticamente l’assunzione di determinati alimenti può portare a carenze di vitamine e minerali essenziali, come ferro, calcio, vitamine del gruppo B o proteine, compromettendo la crescita e la salute generale. Nei bambini, tali carenze possono avere effetti particolarmente deleteri, influenzando lo sviluppo cerebrale, le funzioni cognitive e il rendimento scolastico.
Nei casi più estremi, la selettività alimentare può evolvere in un disturbo alimentare riconosciuti , che viene chiamato “Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder” (ARFID), inserito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5). Questo disturbo si distingue per il marcato evitamento o restrizione del cibo spesso non dovuti da una preoccupazione per il peso o per l’immagine corporea ma, piuttosto, per motivi sensoriali o per una paura estrema di conseguenze fisiche come soffocamento o nausea. L’AFRID può causare non solo carenze nutrizionali significative ma anche un deterioramento delle relazioni sociali e familiari poiché, la paura del cibo o il disagio durante i pasti, porta spesso ad evitare occasioni sociali che implicano il mangiare in compagnia.
Pertanto, la selettività alimentare per essere affrontata nel migliore dei modi richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga un nutrizionista, uno psicologo e si avvalga anche del supporto familiare. Infatti, con un adeguato approccio si potrebbero prevenire i possibili sviluppi negativi ed il peggioramento della condizione, così da garantire uno sviluppo equilibrato ed una migliore qualità della vita a chi ne soffre.
Le Cause della Selettività Alimentare: Biologiche, Psicologiche e Sociali
Le cause di questa condizione sono molteplici e includono fattori biologici, psicologici e ambientali.
Fattori Biologici e Sensibilità Sensoriale
Alcune persone, dette “super tester”, possiedono una maggiore sensibilità sensoriale e percepiscono i sapori in modo più intenso rispetto alla media; questo può portare ad una reazione di avversione verso pietanze dal sapore forte, molto speziate o amare. Anche la consistenza del cibo gioca un ruolo fondamentale: alcuni individui trovano particolarmente sgradevoli consistenze morbide o vischiose, come quelle di alcune verdure cotte o di cibi come il purè di patate. Tali reazioni possono essere legate ad una maggiore reattività neurologica o a disturbi sensoriali, che portano a percepire certi stimoli alimentari come sovra-stimolanti o, al contrario, sotto-stimolanti.
Le Paure e i Traumi Psicologici Legati al Cibo
Dal punto di vista psicologico, la selettività alimentare può essere influenzata da ansie o paure legate al cibo; alcuni sviluppano avversioni alimentari a seguito di esperienze negative o traumatiche, come un episodio di soffocamento o una malattia legata ad un certo alimento. Nei bambini, un atteggiamento iperprotettivo dei genitori durante i pasti può rafforzare queste paure. Inoltre, la selettività alimentare può anche essere associata a disturbi come l’ansia, il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) o il disturbo dello spettro autistico (ASD). In particolare, in questi ultimi le difficoltà sensoriali e la rigidità cognitiva possono contribuire ad un’alimentazione estremamente limitata.
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L’Influenza dell’Ambiente e della Cultura Alimentare
L’ambiente familiare e culturale ha un’influenza importante sulle abitudini alimentari poiché, laddove i genitori mostrano una limitata varietà di cibi consumati, i bambini potrebbero essere meno inclini a provare nuovi alimenti; d’altro canto, in ambienti dove vi è una forte pressione a mangiare tutto ciò che viene servito, il cibo ed il momento dei pasti può divenire una fonte di stress. Inoltre, anche la cultura alimentare e le abitudini sociali possono influenzare la selettività; alcune famiglie incoraggiano una dieta varia e l’esplorazione di nuovi sapori, mentre altre possono basarsi su una dieta più limitata per ragioni economiche, di tradizione o preferenze personali.
Selettività Alimentare nei Bambini: Come Affrontarla?
La selettività alimentare nei bambini è una fase piuttosto comune, specialmente tra i 2 e i 6 anni, quando il loro palato e le loro capacità sensoriali sono ancora in via di sviluppo.
La Neofobia Alimentare nei Bambini Piccoli
Durante questo periodo, molti bambini manifestano quella che viene definita “neofobia alimentare”, ovvero una naturale paura o diffidenza verso i cibi nuovi o non familiari. Questo comportamento evolutivo ha origini antiche e può essere interpretato come una strategia di difesa, infatti, in età evolutiva, evitare cibi sconosciuti poteva ridurre il rischio di ingerire alimenti potenzialmente pericolosi. Oggi, però, questa neofobia può rappresentare una sfida per i genitori e diventare motivo di preoccupazione.
Per molti bambini questa fase è temporanea e tende a risolversi spontaneamente con la crescita e l’esposizione graduale a nuovi alimenti. Tuttavia, per altri bambini, la selettività alimentare può diventare un problema persistente in grado di influenzare negativamente le dinamiche familiari e il benessere psicologico. Inoltre, i bambini più selettivi possono sviluppare comportamenti che complicano ulteriormente i pasti come: il rifiuto categorico di interi gruppi alimentari; la manipolazione del cibo senza mai consumarlo realmente; la ruminazione (ovvero il mantenimento prolungato del cibo in bocca senza masticarlo né deglutirlo). In alcuni casi, i bambini possono anche rifiutarsi di mangiare del tutto, evitando i pasti in modo sistematico.
Questi comportamenti spesso innescano un circolo vizioso all’interno della famiglia. Di fronte al rifiuto del bambino, i genitori, preoccupati per la sua salute e nutrizione, possono reagire con insistenza, cercando di forzare il bambino a mangiare ciò che viene servito o introducendo strategie coercitive come ricompense o punizioni legate al consumo di certi cibi. Tuttavia, più i genitori fanno pressione, più il bambino può sviluppare resistenze rendendo i pasti momenti di stress e conflitto. Questo atteggiamento, inoltre, piuttosto che favorire l’apertura verso nuovi cibi, può consolidare l’avversione del bambino verso il cibo, trasformando i pasti in un terreno di scontro emotivo e psicologico.
Oltre alle difficoltà immediate legate all’alimentazione, la selettività alimentare può influire anche sullo sviluppo sociale del bambino. Molti bambini selettivi possono sentirsi diversi dai loro coetanei durante i momenti conviviali (come i pranzi a scuola o le feste di compleanno) poiché non si sentono a proprio agio nel mangiare ciò che viene offerto. Questo disagio può provocare imbarazzo e senso di isolamento, che a lungo andare può influire negativamente sulla loro autostima e sulla capacità di socializzare.
Strategie Pratiche per i Genitori
È fondamentale che i genitori affrontino questa fase con pazienza e comprensione, evitando pressioni eccessive e cercando di rendere i pasti momenti piacevoli e privi di tensione. Strategia come l’esposizione graduale a nuovi cibi, la partecipazione del bambino nella preparazione dei pasti e l’uso del gioco come strumento per esplorare nuovi sapori possono essere utili per ridurre l’ansia e favorire una maggiore apertura alimentare. In alcuni casi, potrebbe essere utile consultare uno psicologo o un nutrizionista specializzato, che possa fornire strategie mirate per affrontare il problema e prevenire che la selettività alimentare si trasformi in una difficoltà cronica.
Impatto Psicologico e Sociale della Selettività Alimentare
Gli effetti psicologici e sociali della selettività alimentare sono profondi e spesso vanno oltre le problematiche nutrizionali. Questa condizione, infatti, può influire significativamente sul benessere emotivo e sulle relazioni interpersonali. Un aspetto centrale è l’ansia, che può diventare una compagna costante per le persone che soffrono di selettività alimentare, specialmente quando si trovano in contesti sociali dove il cibo è un elemento centrale come cene, feste o altre occasioni conviviali. La paura di dover affrontare alimenti sconosciuti o non graditi porta spesso ad evitare questi eventi causando un isolamento sociale che può aggravare ulteriormente il disagio psicologico. Dunque, la vita sociale ne risente poiché il cibo è spesso al centro delle interazioni sociali e chi soffre di selettività alimentare può sentirsi escluso o diverso.
Anche la vita familiare, come detto precedentemente, viene a modificarsi e a trasformarsi in un luogo di conflitti in cui pullulano frustrazione e tensione; i pasti rischiano di trasformarsi in momenti di tensione causate dalle continue insistenze dei genitori che poi daranno adito a frustrazione, resistenze e incomprensioni, tanto nei genitori quanto nel bambino, così da innescare un circolo vizioso.
L’impatto psicologico della selettività alimentare non si limita però al contesto familiare o sociale. Le persone che ne soffrono spesso sviluppano un senso di inadeguatezza e bassa autostima, soprattutto durante l’adolescenza, una fase in cui la conformità e l’inclusione sociale ricoprono un ruolo molto importante. Quindi, sentirsi diversi dagli altri per le proprie abitudini alimentari può acuire la sensazione di essere “strani” o non all’altezza, provocando una maggiore vulnerabilità emotiva e un’ulteriore chiusura verso il mondo esterno.
Come Affrontare la Selettività Alimentare con il Supporto dello Psicologo
Il Ruolo dello Psicologo nella Gestione della Selettività Alimentare
In questo contesto, il ruolo dello psicologo diventa fondamentale per aiutare chi soffre di selettività alimentare a rompere questo ciclo di ansia, stress e bassa autostima. Infatti, attraverso diverse tecniche terapeutiche lo psicologo interviene per alleviare le paure legate al cibo e facilitare una progressiva apertura verso nuove esperienze alimentari.
Terapie Comportamentali e Tecniche di Esposizione Graduale
Una delle terapie più efficaci è la Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT), che permette al paziente di esplorare e modificare i pensieri disfunzionali legati all’alimentazione. Con l’ausilio di tecniche di esposizione graduale, il soggetto viene aiutato ad affrontare gradualmente le sue paure introducendo nuovi alimenti in un ambiente controllato così da ridurre l’ansia associata ai pasti.
Per le persone con difficoltà sensoriali legate alla consistenza o all’aspetto del cibo, sono utili anche gli interventi sensoriali che mirano a desensibilizzare gradualmente il paziente verso stimoli che reputa sgradevoli. Inoltre, anche attraverso esercizi che coinvolgono il contatto visivo e tattile con il cibo prima di consumarlo il soggetto viene incoraggiato a familiarizzare con l’alimento in modo progressivo, favorendo così un cambiamento positivo nell’esperienza alimentare.
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L’Importanza del Supporto Familiare
Nel caso dei bambini il coinvolgimento della famiglia è spesso cruciale. La terapia familiare consente ai genitori di comprendere meglio le dinamiche che alimentano il comportamento selettivo e offre loro strumenti pratici per supportare i propri figli senza creare ulteriori tensioni durante i pasti. Pertanto, questo approccio permette di ridurre i conflitti a tavola e di migliorare il clima familiare, rendendo i pasti meno stressanti per tutti.
Psicoeducazione e Informazione per la Consapevolezza
Infine, la psicoeducazione è un elemento chiave nel trattamento della selettività alimentare. Informare il paziente e i suoi familiari sulle cause della condizione e sui suoi effetti aiuta a ridurre il senso di colpa, lo stigma e l’incomprensione.
Quando si capisce che la selettività alimentare non è semplicemente una scelta o un “capriccio” ma una condizione complessa con radici psicologiche e sensoriali, diventa più facile affrontarla con pazienza e consapevolezza, creando così un ambiente più favorevole al cambiamento.
Affrontare la selettività alimentare richiede tempo e impegno, ma con il giusto supporto psicologico è possibile migliorare notevolmente la qualità della vita di chi ne soffre, facilitando un rapporto più sereno e soddisfacente con il cibo e con se stessi.
Conclusioni: Superare la Selettività Alimentare per una Vita Migliore
La selettività alimentare non riguarda semplicemente preferenze alimentari, ma una condizione complessa che può compromettere il benessere fisico e mentale. Anche se comune nei bambini, può persistere nell’età adulta e richiede un approccio terapeutico multidisciplinare per essere affrontata efficacemente. Il supporto dello psicologo è essenziale per migliorare la qualità della vita di chi ne soffre aiutandolo a superare paure e ansie legate al cibo e a sviluppare un rapporto più sereno e sano con l’alimentazione.
























