La marijuana, il cui consumo è prevalentemente episodico, è la sostanza illegale più consumata al mondo e, generalmente, non viene rilevata in chi ne fa uso. I principi attivi nella pianta di marijuana prendono il nome di cannabinoidi e sono presenti anche all’interno del nostro organismo: infatti, svolgono principalmente una funzione regolativa dell’appetito, del dolore e della memoria.

Dal rapporto sviluppato nel 2021 dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, emerge che la cannabis è globalmente la droga illecita più coltivata, trafficata e abusata in tutti i continenti. Durante l’ultimo decennio il consumo di questa sostanza è incrementato del 60% e, secondo alcune previsioni, in tutto il mondo ci sarebbero circa 200 milioni di persone che fanno uso di cannabis regolarmente. L’Europa detiene il record per il numero più alto di consumatori tra gli adolescenti.

Effetti negativi della Cannabis

Tutte le sostanze, compresa la marijuana, che riducono gli stati d’ansia e generano euforia hanno una certa probabilità di indurre dipendenza nel consumatore, inoltre, qualora vi fosse un uso massiccio si andrebbe incontro all’insorgenza di patologie polmonari (catarro, tosse cronica, respiro sibilante, episodi di bronchite acuta) e di alterazioni significative della regolare funzionalità respiratoria.

Altri effetti, non meno gravi, riguardano il progressivo ma inevitabile deterioramento cognitivo associato a conseguenti difficoltà di memoria (soprattutto quella a breve termine) e nell’apprendimento. Tali effetti negativi peggiorano se si inizia a fumare in adolescenza. Infatti, dal momento che fino ai 21 anni il cervello è in fase di crescita e al massimo della propria plasticità, l’assunzione di THC ne compromette il regolare sviluppo.

Se parliamo della letalità della sostanza, quest’ultima è praticamente assente, infatti non si sono mai registrati casi di morte dovuti all’uso eccessivo di cannabis. È impossibile che ciò accada per un semplice motivo: i recettori dei cannabinoidi presenti nel nostro cervello non partecipano né a funzioni respiratorie né a funzioni cardiovascolari, quindi il THC non può in alcun modo causare, ad esempio, un arresto cardiaco. In sintesi, non è possibile morire per un’overdose da cannabis.

Effetti acuti

Bastano pochi minuti per avvertire l’effetto della marijuana: si altera lo stato di coscienza e cominciano ad emergere idee sconnesse, fluttuanti e incontrollabili. Vengono distorte anche la percezione del tempo, dello spazio e dei colori. Generalmente l’intossicazione si traduce in una sensazione di euforia e rilassamento, effetti che possono persistere dalle 4 alle 6 ore successivamente all’assunzione.

A seconda dell’individuo e delle sue caratteristiche fisiche e psicologiche gli effetti della sostanza possono variare, infatti, non è infrequente che si manifestino intensi quanto indesiderati stati d’ansia, attacchi di panico, paranoia e la sensazione di depersonalizzazione (uscire fuori dal proprio corpo) anche dopo i primi episodi di consumo. La marijuana, inoltre, contribuisce allo sviluppo di sintomi psicotici (uno di questi è la depersonalizzazione) negli individui schizofrenici anche se in trattamento.

Anche dopo 24 ore risultano compromesse significativamente la concentrazione, il senso del tempo, la percezione della profondità, la coordinazione, il tempo di reazione, i movimenti oculari di inseguimento dell’oggetto, aumentando il rischio in alcune situazioni (lavorare con attrezzature pesanti, guidare). Spesso l’appetito aumenta improvvisamente e con il nome di “fame chimica” si indica proprio questo fenomeno.

In sintesi, segnali e sintomi di uso recente possono includere:

Effetti cronici

A seguito di un consumo cronico di cannabis, una delle conseguenze più comuni è il presentarsi della sindrome dell’iperemesi da cannabinoidi, ovvero, il manifestarsi ciclico di nausea e vomito; i sintomi spesso spariscono nel giro di 48 ore. In genere è sufficiente un bagno caldo per attenuare questi sintomi, anche se non bisogna sottovalutarli dal momento che rappresentano un importante indizio verso la diagnosi di dipendenza.

L’uso continuativo di cannabis favorisce l’insorgenza di disfunzionalità erettile negli uomini, riduce il numero di spermatozoi e crea difficoltà non indifferenti alla fertilità. Questo tipo di problematica è stata rilevata in maniera sostanziale anche in donne fumatrici.

Anche la salute mentale non è immune all’effetto della cannabis, tanto che numerosi studi hanno rilevato come questa sostanza partecipi in maniera rilevante alla genesi e al mantenimento di alcuni disturbi mentali come la schizofrenia, la depressione, l’ansia e l’abuso di altre sostanze (ad esempio fentanyl o alcol). È bene precisare però che determinati quadri clinici si configurano in tal senso anche per una predisposizione dell’individuo, il quale potrebbe presentare già sintomi legati ai disturbi sopra citati.

Dal punto di vista cognitivo, uno degli effetti negativi dovuti all’uso di cannabis e sintomo del graduale deterioramento delle connessioni neurali è la compromissione nell’abilità di prendere decisioni. Persone disintossicate dalla cannabis e con una storia di uso massiccio e continuativo, hanno mostrato importanti carenze nel saper prendere decisioni e nel saper scegliere tra una gratificazione immediata e una a lungo termine.

Consumo in adolescenza

Il periodo più vulnerabile agli effetti negativi della sostanza è senza dubbio l’adolescenza.

Ansia e disagio fisico sono parte integrante di quest’età, dove all’uso delle droghe viene attribuito un valore magico e rituale, i gruppi di coetanei esercitano una forte pressione in direzione dell’omologazione e la ricerca di un’identità indipendente da quella dei genitori spinge gli adolescenti verso la novità e l’ignoto.

Quelli sopracitati sono tutti fattori che potrebbero condurre il giovane verso la droga, ma dobbiamo operare una distinzione tra coloro i quali fumano marijuana sporadicamente e quelli invece che la consumano quotidianamente senza potervi rinunciare.

Da una parte fumare cannabis appaga l’istinto dell’adolescente di differenziarsi dai propri genitori, dall’altra però l’uso (soprattutto quello fuori controllo) alimenta l’apatia, la noia, la passività e l’indifferenza.

Il desiderio viene progressivamente spento, l’azione inibita e il consumatore regredisce ad uno stato di bambino sazio per aver appena ricevuto la poppata e, quindi, pronto per la nanna.

Inoltre, se un ragazzo cresciuto in un contesto familiare caratterizzato da casi di psicosi consuma cannabis, ha una probabilità maggiore di sviluppare problemi psicologici (psicosi, depressione)

Trattamento

Tra gli elementi basilari per il trattamento della dipendenza da cannabis rientrano sicuramente l’aiuto, il supporto, la comprensione, l’ascolto e l’assenza di giudizio.

Ciò si rende necessario affinché il ragazzo o l’adulto possa esprimere i propri dubbi e paure circa la propria condizione, iniziando così un percorso virtuoso di ricerca delle dinamiche interne (motivazionali, emotive) ed esterne (contestuali) al paziente che hanno permesso la genesi e lo strutturarsi del comportamento d’abuso.

Grazie all’aiuto del terapeuta, il paziente deve potersi sentire in grado di far luce sui suoi punti ciechi, affrontare le debolezze che lo affliggono e dare significato a quel senso di vuoto colmabile solamente dalla sostanza.

Sitografia

Bibliografia

  • Caretti V. – La Barbera D. (2010), Addiction. Aspetti biologici e di ricerca, Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • Dolto F. (1988), Adolescenza. Esperienze e proposte per un nuovo dialogo con i giovani tra i 10 e i 16 anni, Mondadori, Milano.