Nel vasto panorama dei disturbi in cui possono incorrere i bambini a partire dai primissimi anni di vita, riuscire a comprendere cosa sono, come si manifestano e quali conseguenze possono avere sullo sviluppo del bambino, può risultare molto difficile. Anche la legislazione, in particolare quella rivolta alle scuole, risulta a tratti indecifrabile per chi, come la maggior parte dei genitori, non ha una formazione specifica in materia.
Ecco che quindi di fronte ad alcuni acronimi ci si trova spaesati e la difficoltà può aumentare se questi vengono usati spesso in modo intercambiabile generando ancora più confusione.
Tra il 2002 e il 2007 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha per la prima volta adottato il termine BES, Bisogni Educativi Speciali, dal termine inglese Special Education Needs, per indicare la necessità di estendere all'ambito scolastico ed educativo un valore ampiamente radicato nel settore sanitario: quello di salute. La salute è molto di più che “assenza di malattia”; si configura come una condizione globale di buon funzionamento dal punto di vista fisico, psicologico, sociale...
Questo ha permesso di escludere la distinzione tra normalità e patologia e di interpretare la condizione di benessere come un continuum fra un funzionamento equilibrato e uno instabile della persona nella sua globalità.
I BES a scuola
Applicando questa concezione anche nel settore scolastico, si possono definire i BES come qualunque esigenza di apprendimento o educativa sorga nella persona dal suo primo inserimento a scuola. I repentini cambiamenti che a livello sociale, economico, politico e culturale stanno interessando quasi tutte le società del mondo, possono influire direttamente o indirettamente sullo sviluppo equilibrato della persona e quindi anche sulla sua integrazione e buon andamento scolastico.
L'Italia si è sempre distinta per aver posto particolare attenzione al concetto di integrazione scolastica, prevedendo specifiche direttive sin dagli Anni '90 e agendo su più fronti per favorire l'inserimento positivo e fruttuoso dell'alunno a scuola: dalla formazione del personale scolastico per migliorare il processo di osservazione del funzionamento globale di ciascun alunno, all'adozione di metodologie di insegnamento che potessero venire incontro ai bisogni e alle debolezze di tutti gli alunni, fino al costante rapporto e interscambio con gli attori al di fuori della scuola ma che influiscono sullo sviluppo della persona (dalle famiglie alle istituzioni sportive o ricreative).
La Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 ha voluto chiarire che con il termine BES si fa riferimento a:
- Disabilità: ovvero tutti coloro che presentano minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali che inficiano sulle capacità di apprendimento e relazionali. Queste sono regolamentate dalla Legge 104/1992.
- Disturbi evolutivi specifici: ovvero quei deficit che non rientrano nella precedente categoria e in particolare i Disturbi Specifici dell'Apprendimento, quelli del linguaggio, i deficit delle abilità non verbali, i deficit da disturbo dell'attenzione e iperattività (ADHD), i disturbi dello spettro autistico di lieve entità (che non rientrano nella disabilità ex Lg 104/92) e il funzionamento intellettivo limite. Dei DSA ci occuperemo approfonditamente nei prossimi paragrafi; con Disturbi del linguaggio si intendono tutti quei deficit che comportano una bassa intelligenza verbale associata ad una alta intelligenza non verbale; quando si parla invece di deficit delle abilità non verbali si intendono casi in cui vi è un'alta intelligenza verbale associata a una bassa intelligenza non verbale come nei casi di disprassia o di disturbo della coordinazione motoria; l'ADHD si manifesta con una difficoltà di pianificazione e apprendimento, spesso associata a un altro Disturbo specifico evolutivo; infine il funzionamento intellettivo borderline ricomprende tutti coloro che hanno un QI globale tra i 70 e gli 85 punti quindi per motivi neurobiologici o per la presenza di altri disturbi di lieve entità, presentano delle difficoltà di apprendimento che possono essere superate se adeguatamente sostenuti e indirizzati. La legge 53/2003 e poi la 170/2010 ha regolamentato l'intervento in ambito scolastico ed extra scolastico in questi casi. Nonostante, infatti, siano riconosciute come le norme che hanno regolamentato i DSA in realtà la loro applicazione si estende a tutti gli altri disturbi evolutivi specifici.
- Svantaggio socioeconomico, linguistico o culturale: ovvero tutti quegli alunni che presentano difficoltà comportamentali, emotive, psicosociali e affettive strettamente connesse con situazioni di difficoltà familiare, sociale, culturale, economico o linguistico.
I DSA: Storia di un disturbo recentemente riconosciuto
Quella dei DSA è una storia lunga e complessa: nonostante le prime ricerche risalgano al XIX secolo, solo nei primi anni del XXI secolo si è giunti al riconoscimento sia in ambito psicologico sia in ambito legislativo, delle caratteristiche peculiari di questi disturbi.
Risale al 1878 il primo riferimento alla dislessia: Adolph Kussmaul, neurologo tedesco ha parlato di “cecità delle parole” facendo riferimento a tutte quelle persone che presentavano problemi di lettura dovuti a deficit neurologici che li portavano a non leggere nell'ordine corretto o a saltare alcune parole durante la lettura. 9 anni dopo Rudolph Berlin, oftalmologo tedesco, ha coniato il termine dislessia per rappresentare un deficit presente sin dalla nascita, definendo invece la “cecità delle parole” come un disturbo acquisito in seguito a una lesione cerebrale.
Questi cenni sono utili a comprendere che la ricerca scientifica in materia non è recente, al contrario è stata alimentata da numerosi contributi, tuttavia nel corso del Novecento, l'approccio a chi presentava questi disturbi non era orientato alla diagnosi e comprensione del disturbo e al successivo intervento calibrato sulle reali necessità della persona, quanto piuttosto a una superficiale definizione delle difficoltà presentate soprattutto a livello scolastico dall'alunno, come una “non voglia di studiare”, una pigrizia o una cattiva organizzazione delle risorse e del tempo. Questi pregiudizi hanno per decenni influenzato il modo in cui gli studenti affetti da DSA venissero discriminati nell'ambiente scolastico, riconducendo i deficit alla volontà della persona e negando che potesse influire qualcosa di più complesso.
Fautore di questa visione dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento è stata anche la ridotta quantità di strumenti di diagnosi che andassero ad indagare solo alcune aree delle abilità cognitive: nei DSA il QI è nella norma e questo può aver influenzato la capacità di riconoscere la presenza di altri disturbi nella persona. Inoltre più che affidarsi al QI sarebbe opportuno indagare l'Indice di Abilità Generali (IAG) che si compone di un indice di Comprensione Verbale, uno di Ragionamento Visuo-percettivo, uno di Memoria di Lavoro e uno di Velocità di Elaborazione. Ciò che è stato rilevato è che nei bambini con Disturbi evolutivi specifici, in quelli con Disturbi dello spettro autistico e nei bambini con lesioni cerebrali specifiche, l'Indice di Abilità Generali è un indicatore più affidabile del QI tanto che in molti di questi casi l'IAG è superiore al QI di 5 o più punti. Questo a differenza dei bambini con disabilità intellettiva, i quali hanno un IAG inferiore di 5 o più punti rispetto al QI.
Inoltre un fattore che è sempre stato scarsamente indagato ma che ha un peso importante nel funzionamento delle persone con DSA è il profilo emotivo-comportamentale inteso non solo come tratti di personalità dominanti ma anche come varietà di stati emotivi positivi o negativi che si possono vivere in relazione alle difficoltà e conseguente esternalizzazione di comportamenti ossessivi o insicuri ma anche di rabbia e irritabilità.
Cosa sono e non sono i DSA?
I DSA non sono delle malattie ma parte del modo di pensare e agire della persona, un diverso neuro funzionamento del cervello che non andrà ad impedire la realizzazione di specifiche abilità ma necessitano di tempi più lunghi. Sono disturbi persistenti dell'apprendimento con cui la persona dovrà convivere per tutta la vita, anche se si modifica nell’età evolutiva. La differenza sarà data dall’accesso a tutti gli strumenti compensativi e dispensativi per poter affrontare questo disturbo e trovare soluzioni alternative alle difficoltà di apprendimento. Proprio per questo motivo i DSA sono disturbi a carattere neurobiologico ma anche evolutivo poiché la combinazione di questi fattori con quelli ambientali può favorire un adattamento positivo. Inoltre, proprio perché evolutivi, questi disturbi cambiano in relazione all'età evolutiva e alle fasi di apprendimento.
La probabilità di avere un DSA è 4 volte maggiore se uno dei membri della famiglia presenta lo stesso deficit anche se non sempre si può parlare di ereditarietà del disturbo [Fabbri, Rossi, Tironi, Ventriglia, 2020 pag. 16].
Molto più probabile è invece la comorbidità tra i DSA ma anche con altri deficit: l'ADHD è uno dei più frequenti disturbi che sono compresenti ai DSA ma non solo. Anche i Disturbi specifici del Linguaggio possono aggravarne le manifestazioni, diventando causa ma anche effetto di una generale difficoltà di apprendimento.
La presenza di capacità cognitive adeguate e l'esclusione di altre patologie neurologiche o deficit sensoriali, rende i DSA dei deficit limitati solo ad alcune aree di apprendimento e che quindi non inficiano sul resto del funzionamento intellettivo della persona. Mentre, come già descritto nel precedente paragrafo, possono avere un impatto importante sull'emotività dell'individuo sia in termini di autostima e senso di autoefficacia sia per la possibilità di sviluppare forme d'ansia. Infine va ricordato che, affinché si parli di un disturbo è necessario che questo impatti sull'andamento scolastico e sulla vita quotidiana della persona in modo significativo e negativo.
Bibliografia e sitografia:
- Fabbri C., Rossi V., Tironi C., Ventriglia L., Insegnare agli studenti con dsa. Didattica inclusiva dalla scuola dell'infanzia all'università., Erickson, 2020
- AA.VV., Raccomandazioni per la pratica clinica definite con il metodo della Consensus Conference, Milano 26/01/2007
- Saccuti E., La Dislessia evolutiva: una prospettiva di cambiamento, in Bollettino Itals Anno 15, numero 68 Aprile 2017 - (PDF) La dislessia evolutiva: una prospettiva di cambiamento | Erika Saccuti - Academia.edu
- MIUR, Direttiva Ministeriale 27/12/2012 - Direttiva Ministeriale 27 Dicembre 2012 - Miur
- Dami D., Bertini S., BES: i fatti fondamentali - BES: i fatti fondamentali (loescher.it)

