Ti è mai capitato di tornare a casa dopo un turno di lavoro in ospedale e sentirti ancora affaticato anche se sei comodamente sul divano?

Al giorno d'oggi la vita quotidiana in ospedale è scandita da turni infiniti, allarmi che non smettono di suonare e difficoltà sempre differenti.

Per questo motivo è normale sentirsi affaticati e svuotati da qualsiasi emozione positiva. Lo stress collegato a un lavoro sanitario deriva dalla percezione di non riuscire ad avere abbastanza risorse per rispondere ai bisogni del paziente.

Se anche tu ti riconosci in questa descrizione allora probabilmente stai attraversando un periodo denso di demotivazione.

Come ci spiega la dott.ssa Galluzzi la prevenzione del burnout deve essere concepita come un obiettivo collettivo e organizzativo in modo che il personale sanitario stressato possa ritrovare la serenità e la giusta gratificazione nel poter svolgere il proprio lavoro.

Cos’è il burnout e perché colpisce chi lavora in ospedale

Il termine burnout indica una condizione di esaurimento fisico, mentale ed emotivo che deriva da un intenso stress lavorativo protratto nel tempo... L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo ha riconosciuto come un fenomeno occupazionale nel suo International Classification of Diseases (ICD-11), definendolo specificamente come una sindrome concettualizzata come risultante da stress cronico sul posto di lavoro non gestito con successo.

È bene precisare che non si tratta di una semplice stanchezza o di stress passeggero ma si configura come un processo di logoramento profondo che porta a sentimenti di svuotamento e di distacco.

Questo esaurimento emotivo coinvolge soprattutto l'ambito sanitario perché è proprio all'interno di un ospedale che si è costantemente a contatto con la sofferenza, con alte responsabilità, si è spesso chiamati ad agire in situazione di emergenza e a gestire situazioni di dolore o perdita. Essendo molto presente per i propri pazienti si assorbe tutto il loro dolore e si arriva a dimenticarsi di se stessi.

Un carico emotivo che supera la soglia

Se quando arrivi a casa non hai più neanche un briciolo di energia per parlare con i tuoi familiari è perché sei sottoposto a una tensione cronica che viene alimentata dal ritmo incessante dei turni che svolgi, dalla pressione nel riuscire a fornire prestazioni sempre ottimali e soprattutto dal contatto continuo con pazienti in condizioni critiche. Dietro la divisa che viene indossata ogni giorno c'è una persona che con dedizione e cuore affronta il dolore, la paura e la speranza altrui.

Quando la dedizione diventa auto-soppressione

L'infermiera che dopo 12 ore di turno si ferma ancora qualche minuto per parlare con un familiare preoccupato o un medico che rivede la diagnosi di notte per paura di aver trascurato un dettaglio sono l’esempio di come la dedizione che anima il personale sanitario è una forza straordinaria. Questa stessa dedizione può diventare facilmente una forma di auto-soppressione annullando i propri bisogni per rispondere continuamente a quelli degli altri. Ciò può portare all'affievolirsi della passione per la propria professione perché non si ha il tempo materiale e lo spazio mentale per potersi rigenerare.

Segnali d’allarme del burnout nel personale sanitario

Se lavori in ospedale sai bene cosa significa correre tra reparti, pazienti e urgenze senza sosta. Riconoscere i sintomi del burnout è fondamentale per riuscire ad agire in tempo. Lo stesso negli operatori sanitari può manifestarsi sentendo che il lavoro non è più gratificante come un tempo ma diventa pesante. Riuscire a riconoscere i primi sintomi del burnout permette di prevenirlo scegliendo di proteggersi.

Stanchezza cronica e distacco emotivo

Se ti sembra di funzionare in modo automatico compiendo azioni meccaniche allora forse sei pervaso da una stanchezza cronica che rappresenta uno dei segnali più comuni del burnout. A ciò spesso si associa un forte distacco emotivo involontario che non riguarda l'essere diventati improvvisamente freddi e non empatici ma rappresenta, invece, una difesa che mette in atto il tuo corpo e il tuo cervello allontanandosi da ciò che non può più sostenere ovvero un carico emotivo troppo grande.

Irritabilità, insonnia e calo di concentrazione

Fai fatica a dormire o ti svegli più stanco di quando sei andato a letto? Questo accade perché il tuo corpo sta chiedendo una pausa. L’irritabilità, l'insonnia e il calo di concentrazione sono segnali dell'esaurimento tipico del burnout e sono sintomi che devono essere visti come una reazione da parte del tuo sistema nervoso che si è sovraccaricato e non riesce più a lavorare in modo ottimale.

Il senso di colpa e l’autosvalutazione

È normale la sensazione di non sentirsi abbastanza quando si svolgono professioni di aiuto però non bisogna attribuirsi la responsabilità di ogni singolo errore o di ogni risultato che non va come sperato soprattutto in ambito ospedaliero in cui si ha a che fare spesso con perdite e malattie inevitabili. Non iniziare a svalutarti perchè hai bisogno di capire che i sentimenti che provi non riflettono la tua capacità o il tuo valore ma sono l'effetto dello stress prolungato a cui sei sottoposto.

Prenderti cura di te stesso non significa venir meno al tuo ruolo ma preservare la tua capacità di prenderti cura degli altri. Affrontare il burnout è una priorità di salute pubblica, come sottolineato anche da enti come l'National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) negli USA, che dedicano risorse specifiche allo stress lavorativo negli operatori sanitari.

burnout in ospedale

Le radici psicologiche del burnout

Il burnout dal punto di vista della psicologia non ha una sola causa ma è dato dall'intreccio di fattori individuali interni e da variabili esterne all'individuo. Tra le cause individuali del burnout c’è un’elevate empatia, un forte altruismo e una tendenza perfezionista. Queste qualità possono essere considerate molto utili in chi svolge una professione d'aiuto ma spesso possono trasformarsi in un'arma a doppio taglio quando l'energia emotiva conduce ad uno svuotamento interiore. Per quanto riguarda le cause ambientali del burnout, invece, sono legate al contesto in cui si lavora come per esempio la carenza di personale, turni prolungati e il lavorare in emergenza costante. Questi fattori di rischio dovrebbero essere sempre presi in considerazione anche se purtroppo molti operatori sentono che fermarsi è un lusso che non possono permettersi.

L’effetto “cura degli altri prima di sé”

L'effetto “cura degli altri prima di sé” fa ferimento al fatto che negli ambienti sanitari è ovvio dare priorità al paziente anche se ciò vuol dire spostare i propri bisogni in fondo alla lista delle priorità. Però non si può versare da una tazza vuota, per questo motivo prendersi cura di se stessi deve essere concepito come un atto di responsabilità e non come una forma di egoismo.

Fin dagli studi accademici il personale sanitario impara a non mostrarsi debole nei confronti dei pazienti e questo a lungo andare porta a un perfezionismo sanitario che genera un’enorme pressione interna che non può non sfociare in un atteggiamento di autocritica costante.

Il ruolo del contesto ospedaliero e delle istituzioni

Sarebbe sbagliato credere che il burnout sia dato solo da variabili individuali perché in realtà è importante tener presente le condizioni del contesto ospedaliero in cui si lavora. Le istituzioni sanitarie spesso non hanno a cuore il benessere dei propri dipendenti perché la carenza di personale, la mancanza di riconoscimento, la scarsità di spazi di ascolto creano un terreno fertile per l'esaurimento psicofisico.

Conseguenze del burnout sul benessere e sulle relazioni

Lo stress lavorativo produce delle conseguenze sul benessere dell'individuo che si configura con degli effetti da ascoltare per dare voce al malessere che esprime il proprio corpo. È bene conoscere queste conseguenze per poter prendersi cura della propria salute mentale e del proprio equilibrio psicofisico.

Effetti sul corpo e sulla mente

Abbiamo visto come tra gli effetti del burnout ci sono dei sintomi che fanno riferimento sia alla sfera mentale che al corpo dell'individuo come per esempio i disturbi del sonno. Spesso la mente non riesce a reggere il peso delle responsabilità lavorative e il corpo reagisce privando l’individuo dell’energia necessaria per svolgere la propria professione.

Anche le relazioni interpersonali sono compromesse poiché spesso si rifiuta un invito ad uscire o a passare del tempo con la propria famiglia perché si è stanchi e demotivati e tutto ciò porta l'individuo a isolarsi. Bisogna coltivare le relazioni interpersonali per fare in modo che venga ricostruita energia, motivazione e senso di appartenenza.

La perdita di significato nel lavoro di cura

Lo stesso lavoro che prima veniva svolto con passione e motivazione adesso viene percepito come una routine automatica e le interazioni con i pazienti sono viste come un obbligo. Questa perdita di significato in ambito professionale genera frustrazione e senso di inefficacia ed è una risposta comprensibile ad un clima lavorativo considerato pesante.

Strategie psicologiche e pratiche per prevenire il burnout

Gli operatori sanitari possono riuscire a prendersi cura della propria saluta psicofisica prevedendo i sintomi del burnout imparando a riconoscere i propri limiti.

Quando il corpo lo richiede è importante fare una pausa bevendo un sorso d'acqua, muovendosi qualche minuto tra un turno e l'altro   respirando profondamente prima di rientrare nelle stanze dei pazienti.

È importante riuscire a capire che non possiamo avere il controllo di tutto e che spesso abbiamo a che fare con situazioni che non si possono cambiare. Prima, durante e dopo i turni di lavoro bisogna coltivare la capacità di rivolgersi a se stessi con gentilezza e comprensione soprattutto nei momenti di difficoltà o di errore.

Ritagliarsi durante la giornata del tempo per prendersi cura della propria salute mentale può fare la differenza. Creare dei rituali prima di iniziare il turno o quando finisce può essere d'aiuto: fare una passeggiata all’ aperto, ascoltare una canzone che rilassa la mente oppure ancora concedersi un momento di relax con una doccia calda.

Il ruolo del supporto tra colleghi e della supervisione psicologica

Il supporto tra colleghi diventa imprescindibile poiché ci si riconosce anche nei discorsi degli altri e si capisce che non si è soli. Allo stesso modo la supervisione psicologica permette di elaborare le proprie emozioni e i propri vissuti affidandosi alla guida di uno psicologo esperto.

Quando chiedere aiuto professionale

Se ti senti sopraffatto e riconosci questi segnali è il momento di chiedere aiuto.  Molti tuoi colleghi affrontano le tue stesse difficoltà e ricevere un supporto psicologico è un passo normale è necessario. Prenderti cura di te stesso non significa venir meno al tuo ruolo ma preservare la tua capacità di prenderti cura degli altri perché meriti la stessa cura che doni.

Psicoterapia, gruppi di sostegno e spazi di ascolto

La psicoterapia individuale ti può aiutare a ridare voce alle tue emozioni e alle difficoltà che stai incontrando durante i tuoi turni lavorativi e che unita alla frequenza di gruppi di sostegno ti permette di condividere esperienze con colleghi che vivono situazioni simili e ti può aiutare a ridurre il senso di isolamento e a capire che non sei solo a combattere contro il burnout.

Ritrovare il senso della cura

Come hai potuto vedere anche il cuore di chi cura ha bisogno di essere ascoltato, per questo motivo è importante svolgere sempre con passione il proprio lavoro ma senza sacrificare se stessi. Si assiste ad una vera e propria rinascita quando si è capaci di riconoscere i propri limiti e le proprie emozioni negative e ci si concede di fermarsi per poter elaborarle. Il benessere emotivo del personale sanitario dovrebbe interessare a qualsiasi tipo di istituzione ma se ciò non fosse possibile devi essere tu a prendere in mano la tua vita per riuscire a continuare a donarti agli altri con autenticità e compassione.

La dedizione è la tua forza, ma non deve diventare la tua debolezza. Impara a riconoscere i tuoi limiti e a valorizzare il tuo immenso lavoro. Chiedi aiuto a uno psicologo di base e potrai scoprire come possiamo lavorare insieme per prevenire l'esaurimento emotivo.

Domande frequenti sul burnout in ospedale

Il burnout è uguale allo stress?

No. Lo stress fa parte della vita lavorativa in ospedale e, di solito, diminuisce quando ti riposi o il turno finisce.
Il burnout, invece, è uno stato di esaurimento emotivo, mentale e fisico che si sviluppa nel tempo: ti senti svuotato, distaccato dai pazienti e meno efficace nel tuo ruolo, anche dopo i giorni liberi.
Se lavori come infermiere, medico o operatore sanitario e ti accorgi che lo stress non passa ma diventa una costante, potresti non essere più di fronte a una semplice fase faticosa, ma a un vero e proprio burnout da lavoro sanitario.

Sono un infermiere/medico e mi sento in colpa a pensare di staccare. È normale?

Sì, è una reazione molto comune tra chi lavora in ambito sanitario. L’alto senso di responsabilità e la dedizione verso i pazienti possono farti sentire in colpa quando pensi di fermarti o di prenderti una pausa.
Ricorda però che staccare e riposare non è un atto di abbandono, ma un investimento necessario per poter continuare a garantire cure di qualità nel tempo. Prenderti cura di te stesso significa proteggere anche i tuoi pazienti.

Come posso distinguere la normale stanchezza da turno dai segnali di burnout?

La stanchezza da turno è quel tipo di fatica che conosci bene: arriva dopo ore in reparto, ma con sonno, riposo e qualche giorno libero tende a ridursi.
Il burnout, invece, si manifesta quando:
– ti senti esausto in modo continuo, anche lontano dall’ospedale;
– provi distacco emotivo dai pazienti e dal team, come se stessi lavorando “in automatico”;
– fai più fatica a concentrarti e a prendere decisioni con lucidità;
– il lavoro che prima ti dava senso ora ti sembra solo un peso.
Se queste sensazioni si ripetono nel tempo e non si attenuano con il riposo, non è più solo stanchezza da turno: potrebbero essere segnali di burnout nel personale sanitario che meritano attenzione e supporto.

Il burnout può influire sulla mia capacità di lavorare in sicurezza?

Sì. L’esaurimento emotivo e il calo di concentrazione associati al burnout possono compromettere le prestazioni cognitive e la capacità di prendere decisioni in modo rapido e accurato.
Questo significa che aumenta il rischio di errori, soprattutto in contesti complessi come i reparti ospedalieri, dove si lavora spesso in urgenza e sotto pressione.
Prendersi cura del proprio benessere psicologico non è solo una scelta personale, ma anche una questione di sicurezza per i pazienti e di qualità delle cure.

Cosa posso fare concretamente durante una pausa di 5 minuti in ospedale per alleviare lo stress?

Anche in ospedale, 5 minuti ben usati possono fare la differenza. Durante una pausa breve puoi:
– fare 3–5 respiri profondi e lenti, concentrandoti solo sull’aria che entra ed esce;
– allontanarti per un attimo da monitor e allarmi e fare qualche passo vicino a una finestra;
– bere un bicchiere d’acqua con calma, senza fare altro nello stesso momento;
– ascoltare per un minuto una traccia musicale che ti aiuta a staccare mentalmente.
Questi piccoli gesti non risolvono da soli il burnout in ospedale, ma aiutano il sistema nervoso a uscire dalla modalità di emergenza continua e, nel tempo, proteggono il tuo benessere psicofisico.

La mia struttura non offre supporto psicologico. Cosa posso fare?

Se la tua struttura non offre spazi di ascolto o supporto psicologico, puoi comunque attivarti in prima persona. Puoi cercare uno psicologo o psicoterapeuta privato specializzato in stress lavorativo o burnout negli operatori sanitari; molti professionisti offrono anche consulenze online, più facili da conciliare con i turni.
Inoltre, puoi creare o partecipare a gruppi di confronto tra colleghi, anche informali, per condividere difficoltà, normalizzare ciò che provi e non sentirti solo. Il supporto reciproco è una risorsa preziosa quando le istituzioni non sono sufficientemente presenti.

Il perfezionismo può davvero contribuire al burnout?

Sì, il perfezionismo è uno dei fattori che possono favorire l’insorgenza del burnout. Pretendere sempre il massimo da sé, non concedersi margini di errore e mantenere standard irrealistici porta a un’eccessiva autocritica e a una pressione interna costante.
Nel lavoro sanitario questo è particolarmente rischioso, perché si lavora con la vita e la salute delle persone. Imparare a sostituire il perfezionismo con una ricerca di eccellenza più flessibile e umana è un passo importante per prevenire l’esaurimento emotivo.

È possibile "guarire" completamente dal burnout?

Sì, è possibile uscire dal burnout, anche se si tratta di un processo che richiede tempo, consapevolezza e supporto adeguato. La “guarigione” implica imparare a riconoscere i propri limiti, sviluppare strategie di coping più sane e, quando possibile, modificare alcuni aspetti dell’organizzazione del lavoro o della propria carriera.
Con un intervento psicologico mirato, un migliore equilibrio tra vita personale e professionale e un contesto più attento al benessere del personale sanitario, è possibile ritrovare energia, motivazione e senso nel proprio lavoro di cura.

Come posso aiutare un collega che credo stia soffrendo di burnout?

Puoi iniziare avvicinandoti con discrezione ed empatia, evitando giudizi o frasi sminuenti. Puoi dire, ad esempio: “Ultimamente mi sembri molto stanco, come stai?” per aprire uno spazio di dialogo senza invadenza.
Offri ascolto, normalizza le sue difficoltà e, se ti sembra appropriato, condividi informazioni su possibili risorse di supporto (psicologi, gruppi di confronto, sportelli di ascolto). Anche far sapere a un collega che non è solo e che ciò che prova è comprensibile può essere un aiuto importante.

Chiedere aiuto psicologico potrebbe pregiudicare la mia carriera?

No. Prendersi cura della propria salute mentale è un diritto e, in ambito sanitario, anche una responsabilità professionale. Il rapporto con uno psicologo è coperto dal segreto professionale e non viene condiviso con il datore di lavoro o con i colleghi.
Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un atto di consapevolezza: lavorare sul proprio benessere psicologico ti rende un professionista più lucido, resiliente ed efficace nel lungo periodo, non il contrario.

Dare senso alla fatica invisibile che porti addosso permette di riconoscere il valore del tuo lavoro senza sacrificare te stesso.

Uscire dal burnout da lavoro ospedaliero diventa più possibile quando hai uno spazio sicuro dove parlare, online o dal vivo.