I primi 90 giorni dopo il parto sono particolarmente delicati, così come la maternità, un evento impattante, che cambia tutto: corpo, ritmi, relazioni, equilibri, aspettative e priorità.

Anche se la nascita di un figlio è uno degli eventi più significativi nella vita di una donna, spesso atteso come un momento di pura felicità, per molte neomamme questo periodo porta con sé un’intensa e inaspettata tempesta di emozioni talvolta anche contrastanti fra loro che possono causare disagio e sofferenza.

Hai partorito da poco e ti capita di piangere senza un motivo apparente, ti senti stanca, e a volte sopraffatta o inadeguata?

Oppure, sei il partner di una neomamma e noti dei momenti di particolare fragilità?

Con l’aiuto della dott.ssa Primi cercheremo di capire cosa accade concretamente nei primi mesi di maternità dal punto di vista psicofisico, come è possibile supportare questo momento intenso, riconoscere il maternity blues e individuare precocemente i segnali di una depressione post-partum in modo da comprendere quando è necessario chiedere l’aiuto di un professionista.

Non sottovalutare il tuo benessere emotivo nel post-partum. Prenota una consulenza con uno psicoterapeuta e ritrova l'equilibrio per te e la tua famiglia.

È normale sentirsi fragili nei primi 90 giorni dopo il parto?

Sì, è normale percepire una certa vulnerabilità in seguito ad un evento e ad un cambiamento così pregnante, che coinvolge a 360°. Ma è importante riconoscere quando la fragilità emotiva costituisce una reazione passeggera e quando invece richiede attenzione.

Le emozioni comuni nel post-partum

Nei giorni successivi al parto molte mamme vivono emozioni contrastanti: gioia intensa e profonda stanchezza, sollievo e senso di perdita, attaccamento e improvvisa ansia, irritabilità e crisi di pianto apparentemente immotivate.

È frequente che questo accada anche a soli 3 giorni dal parto o al rientro a casa dall’ospedale, in un momento in cui sembra debba esserci spazio solo per la gioia di vivere nella realtà quello per cui ci si è preparati durante i mesi di gestazione.

Questa oscillazione tra emozioni positive e paura nasce da cambiamenti ormonali, stanchezza e dall’arrivo di un ruolo tutto nuovo da interpretare.

La verità è che spesso le neomamme (e anche i partner che hanno accanto) si trovano, anche a causa di questi fattori complessi, disorientati nel muovere i primi passi da genitore.

Se in certi momenti ti chiedi: “Ho tutto quello che desidero, eppure mi sento persa. Perché?”.

Non sentirti sbagliata o inadeguata si tratta di emozioni comuni nel post-partum, in questa fase così delicata momenti di fragilità sono normali e parte del cambiamento profondo che stai vivendo.

Quanto durano i cambiamenti emotivi in una donna dopo la nascita di un figlio

Le fluttuazioni d’umore sono fisiologiche e, nella maggior parte dei casi, si attenuano spontaneamente entro due settimane.

Dopo il parto la donna vive una vera e propria “tempesta ormonale”: violenta ma passeggera. Se però la tristezza, i pensieri intrusivi o l’ansia permangono oltre le due settimane, o se si intensificano invece di diminuire gradatamente con i giorni, può essere un segnale da non sottovalutare.

La durata delle emozioni post-partum è un punto di riferimento fondamentale per distinguere un vissuto comune e transitorio, quello del baby blues, da una condizione che potrebbe evolvere in un quadro più complesso.

Qual è il ruolo del sonno nei primi mesi?

La deprivazione di sonno, una realtà inevitabile per i neogenitori alle prese con cambi e pasti notturni del nascituro, amplifica in modo rilevante la fragilità emotiva e lo stress.  L'organizzazione del sonno è infatti un elemento centrale per la regolazione dell'umore ed il fatto che nei primi mesi di vita del neonato sia frammentato e insufficiente per i genitori incide significativamente, procurando un senso di spossatezza e rendendo di conseguenza più difficile l'adattamento ai cambiamenti emotivi e fisici.

Quando il riposo è pianificato alternandosi tra partners nella cura del neonato con dei turni, o quando è possibile con l’aiuto di familiari o professionisti, il carico emotivo si alleggerisce. Per questo anche semplici gesti come un breve sonnellino durante il giorno, lasciare che qualcun altro prepari un pasto o si occupi del neonato per 45–60 minuti possono fare la differenza.

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Che cos’è il maternity blues?

Il maternity blues, noto anche come baby blues o tristezza post partum è una reazione fisiologica alle grandi variazioni ormonali che colpisce le donne nei primi giorni dopo il parto con una incidenza tra il 50% e l'80%.

Quali sono i sintomi del maternity blues?

I sintomi tipici del maternity blues includono:

  • crisi di pianto improvvise e frequenti;
  • irritabilità e tensione;
  • ansia passeggera e preoccupazione diffusa;
  • sbalzi d’umore repentini;
  • stanchezza e difficoltà di concentrazione;
  • lieve difficoltà nel sonno o cali (o più raramente aumento) nell’appetito.

Questo quadro è generalmente lieve, tende a migliorare naturalmente e non impedisce l’accudimento di sé e del bambino, però è comunque uno stato faticoso che merita ascolto e sostegno.

Quanto dura il maternity blues

Esordisce fra il terzo e quinto giorno dopo il parto, con intensità e fenomeni anche diversi da donna a donna, esaurendosi naturalmente entro un arco di tempo di due settimane.

Non si tratta di un evento patologico, ma di un naturale processo fisiologico di adattamento, fisico e psicologico, ai profondi cambiamenti che il corpo e la mente della donna subisco.

Il baby blues, se accompagnato dalle giuste attenzioni (riposo, sostegno emotivo, dialogo), non lascia dunque strascichi a lungo termine. Se i sintomi invece non migliorano dopo i primi 10–15 giorni dal parto, è il caso di valutare il quadro della situazione con un professionista.

Come può il partner supportare una mamma con maternity blues

Il partner svolge un ruolo cruciale. Azioni di supporto pratico ed emotivo fanno la differenza:

  • ascoltare senza giudizio, accogliere pensieri e paure, essere presenti;
  • incoraggiare il riposo e occuparsi dei turni notturni;
  • fare gesti concreti, come: preparare un pasto, fare la spesa, svuotare la lavastoviglie, occuparsi del bucato e dell’ordine domestico;
  • ricordare alla mamma che le sue emozioni contrastanti e la stanchezza sono normali in questa fase e che chiedere aiuto non è segno di inadeguatezza.

Il partner è una risorsa preziosa: non solo “colui che aiuta con il bambino”, ma un vero e proprio “co-sostenitore” del benessere della mamma, per questo il suo ruolo attivo e la sua presenza possono fare molto per far vivere alla neomamma con maggiore serenità questa fase di transizione importante e delicata.

Sei il partner o un familiare e noti segni di sofferenza in una neomamma?

Agisci ora: contatta online uno psicologo di base e supportala nel chiedere aiuto.

Il maternity blues può diventare depressione post-partum?

Nella maggioranza dei casi il maternity blues si risolve spontaneamente. Tuttavia in una percentuale di donne i sintomi persistono o possono peggiorare sfociando in una depressione post-partum (DPP). Studi stimano che la DPP colpisca circa il 10–15% delle donne nel periodo postnatale, per questo è importante monitorare la durata e l’intensità dei sintomi per poter intervenire precocemente chiedendo una valutazione clinica da un professionista della salute quando questi perdurano per più di 2 settimane.

Che cos’è la depressione post-partum

La depressione post-partum è un disturbo dell’umore che insorge dopo la nascita del neonato e si caratterizza per sintomi più intensi e persistenti rispetto al maternity blues. Può comparire in qualsiasi momento nei primi 12 mesi dopo il parto.

Quali segnali distinguono la depressione post-partum dal maternity blues?

La depressione post-partum è una condizione clinica che differisce dal maternity blues per intensità, durata e impatto sulla vita quotidiana. Mentre il maternity blues è un fenomeno transitorio, i sintomi della DPP sono più severi, persistenti e interferiscono significativamente con la capacità della donna di funzionare e di prendersi cura di sé e del neonato.

Vediamoli nello specifico in questa tabella comparativa:

 

Maternity Blues

Depressione Post-Partum

Durata

2–14 giorni

> 2 settimane

Intensità

Lieve, fluttuante

Marcata e costante

Energia

Spesso sufficiente

Profonda apatia, stanchezza estrema

Umore

Lieve tristezza, pianto frequente, sbalzi d'umore

Umore depresso persistente per la maggior parte del tempo, ogni giorno

Interessi

Conservati

Perdita di interesse per sé e il bimbo

Sonno

Interrotto ma preservato

Insonnia marcata o ipersonnia

Pensieri

Preoccupazioni passeggere

Pensieri di inadeguatezza, colpa, rifiuto del ruolo maternità

Quando la tristezza diventa un campanello d’allarme

La tristezza diventa un campanello d’allarme quando non solo persiste oltre le due settimane dal parto, ma si aggrava, compromettendo seriamente la vita quotidiana prosciugando la donna al punto tale da non avere le forze necessarie per prendersi cura di sé e del proprio bambino.

Chari segni di criticità sono:

  • difficoltà ad alzarsi dal letto per lo svolgimento delle attività quotidiane, l’accudimento del neonato;
  • pensieri persistenti di inadeguatezza, inutilità o vergogna;
  • chiusura comunicativa e relazionale, ritiro dalla socialità.

In questi casi intervenire tempestivamente è fondamentale per il bene della neomamma e del suo bambino.

Se la tristezza intensa perdura e ti assorbe totalmente anche dopo la fisiologica fase del baby blues, non sentirti sbagliata, ricorda che chiedere aiuto in questo momento è un importante e necessario atto d’amore per te stessa e per tuo figlio.

Anche Il partner, e tutte le figure affettive vicine alla mamma, hanno un ruolo cruciale nell’individuare precocemente segni di una sofferenza importante e nell’indirizzare la donna a chiedere un consulto mirato con un professionista, come il proprio medico o uno psicologo esperto in psicologia perinatale.

Quali sono le conseguenze della depressione post-partum per mamma e bambino

La depressione materna ha un impatto diretto sul legame diadico tra madre e bambino, che è essenziale per lo sviluppo emotivo e comportamentale del neonato. Le conseguenze possono includere una precoce sospensione dell'allattamento al seno, la mancata costruzione di un attaccamento sano, una minore attenzione verso le pratiche di prevenzione e sicurezza del neonato e una compromissione delle interazioni che favoriscono lo sviluppo cognitivo e sociale del bambino. Inoltre la sofferenza materna impatta sull’intera rete familiare, aumentando stress, incomprensioni e conflitti.

È fondamentale intervenire adeguatamente e precocemente sulla DPP non solo per il benessere della madre e del bambino, ma in senso più ampio anche per proteggere l'intero nucleo familiare. Aspetti che sono stati indagati anche in molteplici studi e ricerche.

Diventare mamma è un viaggio e una sfida che dura tutta la vita, soprattutto i primi passi di questo percorso possono essere difficili. Se senti che stai vivendo con sofferenza questo cambiamento esistenziale non devi sentirti in colpa. Chiedere aiuto oggi non solo ti aiuterà in questo momento delicato ma avrà ripercussioni positive a lungo termine sul legame madre-figlio, la crescita del bambino e tutto il sistema familiare limitando le possibili conseguenze negative di una DPP non affrontata.

Cosa prova una mamma con depressione post-partum?

“Mi sento vuota, in colpa per ogni mio pensiero negativo o sentimento di tristezza”.

O ancora: “ogni scelta o azione che faccio per il mio bambino temo sia sbagliata. Mi impegno, chi mi è vicino dice che sto facendo bene eppure non mi sembra mai abbastanza. Riuscirò mai a sentirmi adeguata come madre?”

Sensazioni di profonda inadeguatezza, anche in presenza di un sostegno esterno o senza evidenze concrete che testimonino il loro disvalore come madri. Le emozioni di una neomamma possono essere molto intense e nei casi di depressione post-partum quelle negative possono mettere ombra su tutto il resto, in particolare sulle emozioni positive, la connessione con il bambino e il percorso di crescita personale e relazionale (come coppia e famiglia).

Anche i papà possono soffrire di depressione post-partum?

Sì, anche i papà (i partners) possono sviluppare sintomi depressivi legati a stress, mancanza di sonno e senso di impotenza. Spesso il disagio maschile è meno noto ma reale, messo in evidenza anche da alcuni studi recenti che stanno ponendo luce su una tematica messa in secondo piano rispetto alle dinamiche che intervengono nella maternità.

Se per la mamma si tratta di una evidente trasformazione, che abbraccia pienamente il corpo e la sfera biologica, per l’uomo si tratta di un cambiamento più intimo ma ugualmente impattante soprattutto dal punto di vista emotivo. Anche l’uomo può sperimentare dei cambiamenti nell’assetto ormonale già durante la gravidanza della compagna o provare un senso di disconnessione nel legame mamma-bambino, non sentendosi incluso.

Coinvolgere il papà nel dialogo, rendendolo sempre parte attiva nel percorso di crescita del bambino e suggerirgli quando è necessario uno spazio di ascolto dedicato (psicologo o gruppi di sostegno) è quindi altrettanto essenziale per il suo benessere personale e quello di tutta la famiglia.

Ricorda che la depressione post-partum del papà, esattamente come quella della mamma, ha una influenza determinante sullo sviluppo del bambino.

Allargare sempre lo sguardo alla coppia è cruciale, poiché il benessere di entrambi i genitori è interconnesso e il supporto reciproco è la risorsa più preziosa da cui partire per superare le difficoltà del periodo perinatale.

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Come affrontare i primi 90 giorni dopo il parto

Si tratta di un percorso nuovo tutto da imparare e vivere, a tratti molto sfidante, ma arricchente come poche fasi della vita.

Attraversarlo con la consapevolezza delle difficoltà, dei possibili momenti di fragilità, dell’importanza del lavoro congiunto della coppia, della rete di supporto (famiglia, amici e professionisti) e con un pieno senso di responsabilità verso se stessi e la nuova vita che si accoglie e che si accudisce è la base giusta da cui partire.

Quali strategie psicologiche aiutano una neomamma

Ci sono strategie pratiche e psicologiche che aiutano la mamma e la famiglia che aiutano a ritrovare equilibrio in questa fase delicata. Vediamole più approfonditamente:

  • ritagliarsi piccoli spazi quotidiani per sé (anche 10–20 minuti);
  • parlare apertamente delle proprie emozioni, senza sensi di colpa, la condivisione riduce l’isolamento;
  • esercizi di respirazione e mindfulness per gestire l’ansia acuta;
  • tenere un diario emotivo per riconoscere i pattern che innescano certe emozioni ed entrare in contatto con il proprio sentire;
  • partecipare a gruppi di mamme (in presenza o online), confrontarsi con le altre donne, per normalizzare e condividere l’esperienza;
  • avere una rete di supporto di riferimento che comprenda: famiglia, amici, professionisti (ginecologo, pediatra, puericultrici, psicologo perinatale ecc…);
  • seguire una checklist pratica quotidiana che comprenda: riposo programmato, idratazione, pasti regolari, contatto con il partner, richieste di aiuto pratico.

Queste strategie ovviamente non possono sostituire il trattamento clinico quando necessario, ma sono passi concreti che è possibile mettere in atto sin da subito per vivere più serenamente i primi mesi dopo il parto e per prevenire la DPP.

Quali gesti pratici del partner fanno la differenza?

Tutti gli aiuti concreti da parte del partner nel postpartum giocano un ruolo essenziale, come:

  • condividere la gestione delle poppate e del cambio pannolino e i turni notturni di accudimento del piccolo;
  • sostenere con rinforzi positivi (“stai dando il massimo come mamma, sono fiero di te”);
  • prendersi carico delle commissioni quotidiane (spesa, bollette);
  • creare momenti di intimità e dialogo con la neomamma, anche solo per 5 minuti al giorno;
  • accompagnare la mamma alle visite dal ginecologo e dal pediatra e, se necessario, alle sedute di supporto psicologico.

Il partner è sempre parte attiva in questo percorso, il modo in cui si prende cura sia del neonato che della neomamma è determinante.

Quando chiedere aiuto psicologico

Il momento di rivolgersi a un professionista arriva quando i sintomi del malessere emotivo persistono oltre le due settimane, peggiorano o diventano così invalidanti da compromettere la vita quotidiana, le interazioni sociali o la cura del neonato.

L’aiuto psicologico nel post partum non è un segno di debolezza, ma va inteso come un ulteriore atto di cura e amore verso se stesse e il proprio neonato.

Non sentirti in colpa e non aver paura di chiedere aiuto, i fili che muovono il tuo sentire in questa fase sono molteplici e complessi, un intervento precoce può essere determinante.

Quali sono le risorse di supporto per le neomamme e le famiglie

Esistono diverse risorse a cui una neomamma e la sua famiglia possono rivolgersi per ottenere supporto:

  • professionisti della salute: medico di base, ginecologo, pediatra, ostetriche, psicologi esperti in perinatalità;
  • servizi pubblici: consultori familiari e servizi offerti dalle ASL locali;
  • associazioni, gruppi di ascolto, ONG: numerose associazioni e iniziative dedicate al supporto delle neomamme sono attive in Italia, come la Fondazione Onda (Osservatorio nazionale per la salute della donna e di genere).

L’inizio di un viaggio fatto di novità, bellezza, emozioni intense

Le prime 12 settimane dopo il parto sono una fase di adattamento profondo. L’inizio di un viaggio fatto di novità, bellezza, emozioni intense (positive ma anche negative) e difficoltà.

Conoscere il maternity blues e la depressione post-partum, imparare a leggere i segnali precoci e sapere dove trovare aiuto trasforma un’esperienza potenzialmente isolante, frustrante e dolorosa in un concreto percorso di crescita condiviso.

Se hai dubbi, domande o senti il bisogno di ulteriori approfondimenti per te stessa, per la tua partner, leggi le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità sul tema e non esitare a contattare oggi stesso uno psicologo esperto in perinatalità.

Ricordati che in questi 90 giorni unici e irripetibili, in cui piantate i semi della genitorialità futura, il sostegno di uno psicologo può aiutarti a viverli al meglio, esplorando insieme punti di fragilità, nuovi equilibri e preziose risorse.

Se i sintomi di tristezza o ansia persistono oltre due settimane dal parto, non aspettare.

Contatta subito uno psicologo esperto in perinatalità per te e il tuo bambino

Le domande più frequenti sul maternity blues o depressione post-partum

Quali emozioni sono normali dopo il parto?

Nei primi giorni dopo la nascita è normale provare emozioni contrastanti come pianto improvviso, irritabilità, stanchezza e ansia. Questi cambiamenti sono dovuti a variazioni ormonali e di solito si risolvono spontaneamente entro due settimane.

Quanto dura il maternity blues?

Il maternity blues, o baby blues, dura in genere dai 3 ai 15 giorni dopo il parto. Si manifesta con tristezza e sbalzi d’umore temporanei che si attenuano naturalmente senza necessità di trattamenti.

Quando la tristezza post-partum diventa depressione?

Se la tristezza o l’ansia persistono oltre le due settimane, si intensificano o compromettono la vita quotidiana, può trattarsi di depressione post-partum. In questi casi è importante rivolgersi a uno psicologo o medico specializzato in salute perinatale.

Come può il partner aiutare una neomamma in difficoltà?

Il partner può sostenere la mamma con gesti pratici e ascolto empatico: condividere le notti, incoraggiare il riposo e ricordarle che chiedere aiuto non è segno di debolezza. La sua presenza attiva riduce stress e senso di isolamento.

Anche i papà possono soffrire di depressione post-partum?

Sì. Anche i padri possono vivere sintomi depressivi legati a stress, mancanza di sonno e senso di inadeguatezza. È importante che anche loro trovino spazi di ascolto e supporto psicologico.

Come gestire la mancanza di sonno nei primi mesi?

Alternarsi nei turni di cura del neonato, dormire quando possibile e chiedere aiuto a familiari o professionisti sono strategie efficaci. Il riposo regolare aiuta a stabilizzare l’umore e ridurre il rischio di stress post-partum.

Quali strategie psicologiche aiutano una neomamma?

Parlare apertamente delle proprie emozioni, praticare mindfulness o respirazione, e confrontarsi con altre mamme in gruppo riduce il senso di solitudine e favorisce il benessere emotivo nei primi mesi dopo il parto.

Quando è necessario chiedere aiuto a uno psicologo?

Se tristezza, ansia o apatia persistono oltre 2 settimane o impediscono di prendersi cura di sé o del bambino, è fondamentale chiedere supporto a uno psicologo perinatale. L’intervento precoce favorisce un recupero più rapido.

Esistono farmaci per la depressione post-partum?

Sì, ma vanno prescritti solo dal medico. Esistono trattamenti farmacologici compatibili con l’allattamento, da associare alla psicoterapia o al supporto perinatale, sempre su indicazione specialistica.

Come funziona la terapia per la depressione post-partum?

La terapia prevede un percorso di ascolto e sostegno con uno psicologo o psicoterapeuta. Aiuta la mamma a riconoscere i pensieri negativi, ridurre il senso di colpa e ricostruire equilibrio emotivo e relazionale.

Riconoscere cosa si nasconde dietro il maternity blues è il primo passo per stare meglio.

Sul portale trovi professionisti pronti ad aiutarti nei primi mesi di maternità, dal vivo o a distanza.