Hai mai sentito parlare del complesso di Edipo e ti sei chiesto se possa influenzare le tue relazioni affettive? Forse ne hai sentito parlare a scuola, in un libro di psicologia o in una conversazione tra amici. Si tratta di un concetto nato con Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, che ha cercato di spiegare come i nostri primi legami familiari possano lasciare tracce profonde nella nostra vita adulta. A distanza di oltre un secolo, il cosiddetto complesso di Edipo continua a suscitare interesse, discussioni e persino qualche fraintendimento.
Oggi la dott.ssa Giulia Rinaldi, specializzata in psicosessuologia clinica, ci spiega cosa significa davvero questa teoria, quali sono i suoi possibili impatti sulle relazioni sentimentali e familiari, come viene interpretata dagli psicologi e, soprattutto, cosa può fare una persona se sente che certi meccanismi stanno influenzando le sue relazioni di coppia.
Che cos’è il complesso di Edipo secondo Freud
Il complesso di Edipo è uno dei concetti più noti della psicoanalisi. Freud lo descrisse come una fase dello sviluppo infantile in cui il bambino sviluppa un attaccamento affettivo intenso verso il genitore di sesso opposto e una certa rivalità verso quello dello stesso sesso.
Secondo Freud, si tratta di un passaggio universale e naturale, che contribuisce alla formazione dell’identità e alla costruzione del mondo emotivo.
Qual è l’origine del termine complesso di Edipo
Per capire da dove nasce l’idea del complesso di Edipo è utile partire da un racconto che appartiene alla mitologia greca. Edipo era un eroe tragico, destinato da una profezia a un destino drammatico: uccidere il padre e sposare la madre, senza sapere chi fossero davvero. Nonostante i tentativi di sfuggire a questa sorte, il fato lo condusse proprio a compiere quelle azioni, con conseguenze dolorose sia per lui che per la sua famiglia.
Sigmund Freud, all’inizio del Novecento, trovò in questa storia una potente metafora per descrivere ciò che, secondo lui, accade nella psiche di ogni bambino durante lo sviluppo. Freud sosteneva che, in una fase specifica della crescita (tra i 3 e i 6 anni circa), i bambini sviluppano un attaccamento profondo verso il genitore di sesso opposto e, allo stesso tempo, una sorta di rivalità nei confronti del genitore dello stesso sesso.
Naturalmente, non si tratta di desideri coscienti o reali, ma di dinamiche interiori che, secondo Freud, fanno parte del normale processo di crescita. Con il tempo, il bambino impara a superare queste emozioni, a identificarsi con il genitore dello stesso sesso e a costruire così la propria identità.
Le dinamiche affettive possono essere complesse da affrontare da soli.
Se ti ritrovi in queste dinamiche e desideri un parere esperto, prenota un primo colloquio conoscitivo con uno dei nostri psicologi. Scegliere di parlarne è il primo passo verso il benessere.
Come si manifesta il complesso di Edipo nell’infanzia
Secondo Freud, il complesso di Edipo si manifesta soprattutto nella prima infanzia, tra i tre e i sei anni circa. In questa fase il bambino inizia a vivere emozioni molto intense verso i genitori: prova un forte attaccamento affettivo nei confronti del genitore di sesso opposto e, allo stesso tempo, una sorta di rivalità o gelosia nei confronti del genitore dello stesso sesso.
Per fare un esempio semplice: immagina un bambino che vuole sempre sedersi accanto alla mamma, ricevere tutte le sue attenzioni e magari si arrabbia quando vede che il papà le dedica affetto. Oppure una bambina che adora passare il tempo con il papà e può provare fastidio quando la mamma entra in scena. Non si tratta di veri “desideri amorosi”, ma piuttosto del bisogno di sentirsi il preferito, il più speciale agli occhi del genitore amato.
Freud interpretava questi comportamenti come una tappa normale dello sviluppo psicologico. Con il tempo, il bambino o la bambina impara a riconoscere che l’amore del genitore non può essere esclusivo e inizia a identificarsi con il genitore dello stesso sesso, prendendolo come modello. Questo passaggio, secondo la teoria freudiana, è fondamentale per costruire la propria identità e imparare a vivere relazioni più equilibrate in futuro.
In altre parole, il complesso di Edipo va visto come una fase di crescita che la maggior parte dei bambini attraversa in modo spontaneo e naturale.

Esiste anche il complesso di Elettra per le femmine?
Quando si parla di complesso di Edipo, sorge spontanea una domanda: e le bambine? Freud, nella sua teoria, parlava in generale di una dinamica simile per entrambi i sessi, ma con alcune differenze legate alla percezione dei genitori.
Successivamente fu lo psicoanalista Carl Gustav Jung a introdurre un termine specifico per le figlie femmine: complesso di Elettra. Il nome deriva da un altro mito greco, quello di Elettra, che nella tragedia di Sofocle provava un forte legame con il padre Agamennone e un sentimento di ostilità verso la madre Clitennestra. Jung usò questa figura per descrivere l’attaccamento affettivo della bambina verso il padre e la rivalità verso la madre, in parallelo a ciò che Freud aveva descritto nei maschi.
La differenza principale tra le due interpretazioni è che Freud non utilizzò mai in modo sistematico il termine complesso di Elettra: riteneva infatti che la dinamica femminile fosse più complessa e non pienamente sovrapponibile a quella maschile. Jung, al contrario, propose questa definizione per rendere più chiara la simmetria tra i due sessi.
In ogni caso, sia che si parli di complesso di Edipo nei bambini che di complesso di Elettra nelle bambine, il concetto rimanda all’idea di una fase transitoria dello sviluppo: un momento in cui il bambino o la bambina sperimenta attaccamenti e rivalità, imparando gradualmente a costruire la propria identità e i futuri modelli di relazione.
Quanto incide il complesso di Edipo sulla vita adulta
La domanda che molti si pongono è: se il complesso di Edipo è una fase infantile, può influenzare anche la vita adulta? La risposta è: in alcuni casi, sì.
Non significa che chiunque abbia avuto un legame stretto con i genitori sia “destinato” a rivivere schemi edipici, ma può accadere che certe dinamiche non completamente elaborate riemergano nelle relazioni di coppia in età adulta.
In che modo può influenzare le relazioni affettive
Secondo la psicoanalisi, le prime esperienze di vita influenzano anche l’età adulta: le esperienze vissute nell’infanzia non scompaiono del tutto, ma possono lasciare tracce che riaffiorano nella vita adulta, soprattutto nelle relazioni affettive.
Questo vale anche per il complesso di Edipo: se non viene superato in modo equilibrato, può condizionare – in maniera più o meno evidente – il modo in cui scegliamo i partner e viviamo l’intimità.
Un esempio concreto è la tendenza a sentirsi attratti da persone che ricordano, per carattere o atteggiamenti, il proprio genitore di sesso opposto. Può trattarsi di tratti fisici, ma più spesso di aspetti del carattere: una donna che si lega a uomini protettivi e autoritari, perché simili alla figura paterna; oppure un uomo che cerca partner affettuose e accudenti, ricordando la madre.
Un’altra influenza possibile riguarda i conflitti interni: alcune persone faticano a lasciarsi andare nell’intimità, come se dentro di loro ci fosse ancora una voce che dice “non dovresti”, riprendendo antiche regole o divieti interiorizzati durante l’infanzia. Altri invece ripetono inconsciamente vecchie dinamiche, ad esempio competere con il partner per ottenere attenzioni, così come un tempo accadeva con il genitore dello stesso sesso.
Naturalmente, non significa che ogni scelta sentimentale sia “colpa” del complesso di Edipo. Ma questa teoria offre uno spunto interessante per comprendere perché a volte ci sentiamo attratti da certi tipi di persone o perché ci troviamo a rivivere schemi affettivi che sembrano ripetersi nel tempo.
Con l’aiuto di un sostegno psicologico puoi costruire relazioni più sane e consapevoli ma soprattutto iniziare un percorso su misura per le tue esigenze.
Il complesso di Edipo può condizionare la scelta del partner?
Una delle ipotesi più discusse in psicologia è che il complesso di Edipo possa avere un riflesso anche nella vita adulta, in particolare nella scelta del partner. Secondo alcune teorie, infatti, le prime esperienze affettive con i genitori influenzerebbero – in modo spesso più o meno inconsapevole – il tipo di persona da cui ci sentiamo attratti.
Può capitare, ad esempio, che un uomo scelga partner che hanno tratti simili a quelli della madre: il modo di accudire, la dolcezza, oppure anche una certa tendenza a essere protettive. Allo stesso modo, una donna potrebbe sentirsi attratta da uomini che ricordano alcune caratteristiche del padre, come l’autorità, la determinazione o la capacità di rassicurare.
Non si tratta però di una regola fissa: non significa che tutti cerchino “un sostituto” del genitore, né che ogni relazione si spieghi soltanto in base a questo schema. Piuttosto, la teoria suggerisce che i modelli affettivi dell’infanzia possano agire come una sorta di lente invisibile attraverso cui guardiamo gli altri e decidiamo chi ci fa sentire al sicuro, amati o compresi.
D'altronde è possibile sentirsi attratti da ciò che è familiare piuttosto che da ciò che ci è sconosciuto.
Quali sono i segnali che ne portiamo ancora le tracce da adulti
Molte persone si accorgono, solo col tempo, che alcune difficoltà nelle relazioni hanno radici lontane, nelle dinamiche vissute da bambini. Secondo la prospettiva freudiana, il complesso di Edipo può lasciare delle tracce che riaffiorano nella vita adulta sotto forme diverse. Ecco alcuni segnali comuni:
- difficoltà a separarsi emotivamente dai genitori: può capitare di sentirsi ancora molto dipendenti dal loro giudizio, o di fare fatica a prendere decisioni senza la loro approvazione;
- conflitti interiori nelle relazioni sentimentali: alcune persone vivono l’amore con una sorta di tensione costante: da un lato desiderano intimità, dall’altro temono di perdere la propria autonomia o di sentirsi in colpa verso i genitori;
- tendenza a ripetere schemi affettivi: è frequente ritrovarsi più volte con partner che hanno caratteristiche simili a quelle del genitore di sesso opposto, oppure ricreare inconsciamente dinamiche già vissute in famiglia.
Naturalmente, questi segnali non indicano automaticamente la presenza di un “problema”: fanno parte di percorsi interiori che spesso si attenuano col tempo. Tuttavia, riconoscerli può essere un primo passo per comprendere il proprio funzionamento e gli schemi che attiviamo in maniera automatica.
È ancora attuale parlare di complesso di Edipo oggi?
Il mondo della psicologia si è evoluto moltissimo dai tempi di Freud. Non tutti gli studiosi considerano il complesso di Edipo un concetto centrale: alcune correnti lo ritengono superato, altre lo vedono come una metafora utile delle dinamiche familiari e affettive.
Come la psicologia moderna interpreta il complesso di Edipo
Oggi possiamo dire che il complesso di Edipo è una teoria influente ma controversa, anche con critiche che suggeriscono che possa essere fuorviante nella comprensione della psicologia familiare, tanto che molti psicologi contemporanei preferiscono parlare di dinamiche familiari, legami di attaccamento, schemi di funzionamento o modelli relazionali, concetti che risultano più flessibili e supportati da ricerche scientifiche attuali. In questo senso, il complesso di Edipo non viene più visto come una legge universale, ma come una metafora utile per comprendere alcuni aspetti delle relazioni tra genitori e figli.
Resta comunque un concetto affascinante, perché permette di riflettere su temi che riguardano ogni essere umano: la ricerca di attenzione, le rivalità, il desiderio di sentirsi speciali per chi amiamo di più. Anche se non tutti gli studiosi lo ritengono indispensabile per comprendere lo sviluppo relazionale, il complesso di Edipo continua a offrire spunti interessanti per capire come le esperienze infantili possano influenzare, in modi sottili, la vita affettiva adulta.

È un mito culturale o un concetto ancora utile?
Il complesso di Edipo si trova in una posizione particolare: da un lato appartiene alla storia della psicoanalisi, dall’altro è entrato a far parte dell’immaginario collettivo, fino a diventare un vero e proprio mito culturale. Non a caso, il termine viene spesso citato in romanzi, film o persino in modo ironico nel linguaggio comune, anche da chi non conosce nel dettaglio la teoria di Freud.
Pensiamo, ad esempio, a certe trame cinematografiche in cui il protagonista sembra cercare nel partner le stesse qualità o difetti del genitore, oppure a personaggi letterari che lottano contro legami familiari che si ripetono. Questi richiami mostrano come il concetto sia diventato un simbolo universale di conflitti e desideri che ognuno, in qualche forma, può riconoscere.
Dal punto di vista psicologico, oggi il complesso di Edipo non viene più considerato una verità assoluta, ma mantiene valore come lente interpretativa: uno strumento per osservare alcune dinamiche familiari e sentimentali, al confine tra cultura e psicologia.
Come affrontare le dinamiche legate al complesso di Edipo
Se leggendo queste riflessioni hai riconosciuto qualcosa di familiare, la prima cosa da sapere è che non sei solo. Moltissime persone si ritrovano a vivere schemi affettivi che hanno radici nell’infanzia.
Cosa fare se ti riconosci in queste dinamiche
La prima cosa importante da ricordare è che non c’è nulla di “sbagliato”: queste dinamiche fanno parte della storia personale di molte persone e non definiscono chi sei né condannano le tue relazioni.
Il passo più utile è osservarti con curiosità, senza giudizio. Chiediti, ad esempio:
- “Mi accorgo di cercare partner simili al mio genitore?”
- “Ripeto spesso lo stesso tipo di conflitto nelle relazioni?”
- “Faccio fatica a sentirmi libero/a emotivamente dalla mia famiglia d’origine?”
Prendere consapevolezza di questi aspetti è già un grande primo passo.
Può aiutare anche condividere con il partner ciò che noti: parlare apertamente dei propri bisogni e paure riduce incomprensioni e crea maggiore intimità. In alcuni casi, la scrittura personale o momenti di riflessione individuale (come tenere un diario) permettono di vedere con più chiarezza i propri schemi che si ripetono in maniera automatica.
Infine, se senti che questi meccanismi pesano troppo, il supporto di un professionista può offrire strumenti pratici e uno spazio sicuro per rielaborare le radici di certe difficoltà.
Quando il percorso psicologico può aiutare a superare il complesso di Edipo
Un percorso psicologico può essere uno strumento prezioso per chi sente che le dinamiche legate al complesso di Edipo influenzano ancora la propria vita adulta. Non si tratta di “curare un complesso” nel senso stretto del termine, ma di elaborare quei legami e quelle emozioni rimaste in sospeso con la propria storia familiare.
Un percorso offre la possibilità di rileggere le relazioni con i genitori da una prospettiva nuova, comprendere come queste abbiano influito sulle scelte affettive e sviluppare modi più liberi e maturi di vivere l’amore.
Il complesso di Edipo nella psicologia moderna
Il complesso di Edipo, oggi, resta una metafora potente per comprendere il legame tra le prime esperienze familiari e il modo in cui ci relazioniamo da adulti.
Abbiamo visto come possa manifestarsi nell’infanzia attraverso l’attaccamento e le rivalità verso i genitori, e come a volte lasci tracce nelle relazioni adulte: nella scelta dei partner, nei conflitti interiori, nella tendenza a ripetere schemi affettivi.
Allo stesso tempo, la psicologia moderna invita a non prenderlo come un dogma, ma come una chiave di lettura utile, accanto ad altri modelli come la teoria dell’attaccamento.
Se ti sei riconosciuto in alcune delle dinamiche sopra citate, la cosa più importante è non colpevolizzarti ma lavorare su di te per trasformare quei legami in risorse per crescere e curare la dipendenza affettiva con uno psicologo e psicoterapeuta.
Quali sono le fasi del complesso di Edipo?
Il complesso di Edipo si sviluppa principalmente tra i 3 e i 6 anni. Gli studiosi distinguono tre momenti: la fase di desiderio verso il genitore di sesso opposto, la fase di rivalità con il genitore dello stesso sesso e infine la fase di superamento, quando il bambino si identifica con il genitore del proprio sesso e costruisce così la propria identità.
In che opera Freud parla del complesso di Edipo?
Sigmund Freud introduce il concetto di complesso di Edipo soprattutto ne L’interpretazione dei sogni (1900) e lo approfondisce in diversi scritti successivi, come Totem e tabù (1913). Queste opere sono considerate le basi teoriche della psicoanalisi.
Qual è il contrario del complesso di Edipo?
Il contrario del complesso di Edipo è noto come complesso di Laio. In questo caso, non è il figlio a provare rivalità verso il genitore, ma il genitore a percepire il figlio come un rivale, con atteggiamenti di ostilità o gelosia.
Cosa succede se non si supera il complesso di Edipo?
Se il complesso di Edipo non viene elaborato in modo equilibrato, alcuni schemi affettivi possono ripresentarsi nell’età adulta. Questo può tradursi in difficoltà nelle relazioni sentimentali, tendenza a cercare partner simili al genitore o dipendenza emotiva dalla famiglia d’origine.
Come si chiama il complesso di Edipo al femminile?
Il corrispettivo del complesso di Edipo nelle bambine è chiamato complesso di Elettra. Fu introdotto da Carl Gustav Jung per descrivere il forte legame affettivo della figlia con il padre e la rivalità verso la madre.
Quando finisce il complesso di Edipo?
Secondo la teoria freudiana, il complesso di Edipo tende a risolversi spontaneamente intorno ai 6 anni, con l’inizio della cosiddetta fase di latenza. In questo periodo il bambino o la bambina riduce la rivalità verso il genitore dello stesso sesso e rafforza l’identificazione con lui.
Quali conseguenze può avere il complesso di Edipo nelle relazioni adulte?
Il complesso di Edipo, se non superato del tutto, può influenzare la scelta del partner e i modelli relazionali in età adulta. Alcune persone possono sentirsi attratte da figure simili al genitore di sesso opposto o rivivere inconsciamente dinamiche di rivalità e competizione nelle relazioni di coppia.
Bibliografia
- Sessualità femminile e complesso edipico - Humberto Nagera
- I complessi familiari nella formazione dell'individuo - Jacques Lacan
- Tecnica della psicoanalisi: Il tramonto del complesso edipico - Sigmund Freud









































